venerdì 12 febbraio 2021

Credenze popolari "IL MONACHICCHIO" di Maria Grazia Conte 2021 02 11

IL MONACHICCHIO
di Maria Grazia Conte 
Dott.ssa in Antropologia 
2021 02 11



 

Un’altra credenza molto conosciuta è quella che riguarda il monachicchio, chiamato minaccid, munaciedd’, scazzariell, si credeva che esso incarnasse l’anima dei bambini morti prima del battesimo, che fanno scherzi e dispetti a chiunque. 
Questa sorta di spiritello può trovarsi nelle case, nel solaio e di notte mentre le persone dormono, nasconde qualsiasi oggetto. 
Si credeva che chi riuscisse  ad afferrare il suo berretto rosso avrebbe ottenuto tutto ciò che desiderava. 
Sono degli essere abbastanza dispettosi perché rubano oggetti, si mettono di notte sullo stomaco delle persone, infestano case.
 
La spiegazione che  De Martino dà di questo fenomeno è:”alcune storie relative al monacello si spiegano con vere e proprie interruzioni della continuità delle presenza. Molti <<dispetti>> del monacello non sono altro che atti compiuti in istato di coscienza dissociata, e possono realizzare impulsi rimossi. 
Naturalmente alla vista dei risultati(p. es. la promessa sposa trova il suo corredo tagliuzzato), risulta confermata la credenza nel monacello: interpretazione del resto non molto lontana dalla verità, dato che quaggiù in Lucania si staccano di tanto in tanto dalle persone dei frammenti psichici relativamente autonomi e indipendenti , che si comportano proprio come degli spiritelli[1]”. 
Quindi all’interno dell’ambito del rischio della presenza, il monachicchio ha la funzione di “protezione e di reintegrazione psicologica, socialmente accreditati e impiegabili all’ occorenza[2] “. 

Il concetto della presenza demartiniana porta a pensare  ad una società tradizionale molto rigida contrapposta ad un alterità dominante, quando in realtà le conflittualità sono inserite su diversi imprevedibili piani. 
Infatti la figura dello spiritello implica diversi piani di esistenza, molto più numerosi dei rigidi ruoli della società tradizionale.

Il monacello è appunto un canale espressivo di questa conflittualità. 
Non solo e non tanto strumento di opposizione alle norme <<oggettive>>, ma anche di  presa di distanza e di gioco nei confronti di esse, di costruzione di nuovi reticoli normativi ad hoc, di manovre conflittuali tra agenti asimmetrici. 
Esso costituisce una strategia possibile dei giochi dell’identità, per i quali la presenza demartiniana da preservare come bene fondamentale è in realtà la norma esclusiva, autoritaria ed assolutizzante del potere, implicito nelle condizioni di lavoro e nei rapporti di produzione[3] “. 

Si può considerare il monachicchio come un allargamento dei propri limiti esistenziali che dipendono dal regime di classe, è un principio “irrazionale di disordine la cui logica è rintracciabile nella dialettica degli spostamenti della presenza e nella morfologia dell’identità[4]
Il suo aspetto scherzoso e buffonesco è assimilabile per certi versi alla figura del trickster, colui il quale distrugge il mondo conosciuto e l’ordine costituito, creandone uno differente. 

Questo spiritello è già citato nell’antichità negli scritti di Aristotele, Filostrato, Solino, Plinio, Isidoro e Petronio, proprio quest’ultimo ne parla nel Satiricon e lo chiama “Incubo” e già da allora si pensava che potesse donare ricchezza a chi riusciva a toglierli il berretto. 
Al già noto banchetto di Trimalcione, precedentemente citato, vi è un liberto che da trasportatore di legna era diventato ricco grazie ad un “incubo”. 
Con lo stesso termine viene chiamato anche da Tertulliano e dall’ abate Fortis che lo ritiene una malattia “comunissima tra uomini e donne, che credono liberarsene ricorrendo all’esorcismo ed altre imposizioni dei preti[5]”. 

E’ credenza che questo folletto appaia a coloro i quali sono stati battezzati in maniera non perfetta, nel senso che le parole del sacramento non siano state pronunciate correttamente. 

Non sempre vengono descritti come esseri simpatici e che scherzano volentieri, a volte sono cattivi resi così dagli uomini mentre avevano un periodo di vita dolorosa, essi possono diventare dei veri e propri tiranni che prendono di mira bimbi innocenti, fanciulle, madri affettuose, ecc….. 
Molto spesso si commuovono per le sventure umane e fanno del bene, per tanto era temuto e amato allo stesso tempo. 

Alcuni pensano che giochi e scherzi volentieri con i bambini regalandogli confetti e giocattoli, protegge anche le giovani donne che hanno fede in lui e regala loro vesti lussuose e ingenti somme di denaro prima del matrimonio. 

Si credeva anche che se fosse stato  nervoso  avrebbe potuto avvelenare l’aria, portare febbri, carestie, guerre, suscitare ribellioni, essiccare fonti.
 
Ad esempio a Potenza, dove veniva chiamato munaciedd’, era considerato uno spirito folletto, grazioso, con capelli ricci e biondi e il cappellino rosso. 
Suonava con le nocche sulle casse, vegliava accanto al fuoco, si affacciava alle finestre facendo smorfie, cullava la culla dei bambini, strappava coperte e lenzuola a chi dormiva, rompeva piatti e stoviglie durante la notte.
 
Quando gli si prendeva il cappello cominciava a piangere e sgambettare per riaverlo, ma non bisognava restituirlo prima che lui avesse dato la ricompensa.
 
Una testimonianza concreta, raccontata da un artigiano di 36 anni che crede ancora nell’esistenza del monachicchio, è registrata dal Bollettino della biblioteca provinciale di Matera. 
Quest’uomo afferma che fino a che è stato scapolo dormiva nella stanza dei genitori. 
Una sera andando a dormire prima della madre, sentì un peso sullo stomaco, svegliandosi vide che si era seduto sopra di lui un essere simile ad un nano con un vestito colorato, che saltellava a cavalcioni sul suo stomaco. 
Allora lui gli morse il braccio, gridò e scappò.

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[1] De Martino E., Mondo popolare e magia in Lucania, A cura di R. Brienza. Roma-Matera, Basilicata editrice, 1975, pag.110-111.

[2] De Martino E., Mondo popolare e magia in Lucania,A cura di R. Brienza. Roma-Matera, Basilicata editrice, 1975, pag.148.

[3] Noviello F., Tradizioni popolari, tipologia e  valori delle culture regionali, “trance e identità nella cultura popolare meridionale”a cura di P. Apolito, Manduria, ed. Lacaita, 1988, pag.44.

[4] Noviello F., Tradizioni popolari, tipologia e valori delle culture regionali, “trance e identità nella cultura popolare meridionale” a cura di P. Apolito , Manduria, ed. Lacaita, 1988, pag.45.

[5] De Salis Marschilins C., Viaggio nel Regno di Napoli, a cura di G. Danno, Fasano, ed. L. Capone, 1979, pag.200.