IL LUCIGNOLO DI TERRA COTTA
di Domenico Friolo
ROTONDELLA 2024 09 18
PREFAZIONE
È l'emozione vera di vita vissuta: un ricordo poetico narrativo del dopoguerra nella triste, amara e povera
Lucania, che segnò indelebilmente, i bambini nati sul finire del conflitto.
Allora abbondavano solo frutta e ortaggi e nelle beccherie si vendevano, ma
solo a fine settimana, capretti ed agnelli di stagione, era rara o del tutto
assente la carne di bovino.
Era il tempo del ritorno a scuola che aveva le sue esigenze con il colletto
e grebiulino bianco e nastro rosa per le femminucce e grembiulino nero colletto
bianco nastro azzurro
per i maschietti.
Tutti in divisa e belli da vedere coi grembiulini e con le cartelle di
colore marrone e fatte con cartone pressato, con dentro un portapenne di legno,
un astuccio per i bimbi, davvero prezioso, che si apriva a scorrimento...la
penna di legno con il pennino, la gomma
per cancellare metà rossa metà grigia e una sottile striscia rossa,
la matita, una scatoletta di cartoncino con sei colori, il giramatite, due
quaderni
dalla copertina nera, oppure copertina bianca che narravano episodi di
fascismo ormai lontano, uno era a righe, l'altro a quadretti.
Ci sentivamo tutti uguali nel frequentare la scuola...
Ma al ritorno a casa, eravano tanto diversi. Ognuno tornava alle sue cose,
a quello che si aveva o che si sognava di avere.
Scenari di vita diversi, ma ognuno con una meta: scordare, annullare ciò
che la guerra ormai terminata, ci lasciava e si evidenziava nelle strade e nei
volti dei vicini e nella miseria circostante. Ed ecco la poesia:
IL LUCIGNOLO
DI TERRA COTTA
Mia madre a sera,
versava un pò di olio
nel lucernino di creta cotta,
poi prendeva uno straccio,
ne strappava una striscia
che arrotolava in lungo,
ne faceva una miccia,
che adagiava nel lucernino,
la imbeveva di quell'olio
contenuto nella cavità
del lucernino stesso.
Il lucernino era di forma
circolare con un manico,
dalla parte opposta aveva
una sporgenza concava:
un triangolino a forma
di becco dove mia madre
sistemava il capo della
rudimentale miccia poi,
ella vi posava il coperchio.
Prendeva dalla scatola
di cartoncino col timbro
del Monopolio di Stato
un fiammifero di legno,
lo strofinava sul lato ruvido
di esso di colore rosso,
una o due volte, ed eccolo
mandare un bagliore
e un piccolo botto e poi
un odore acre di zolfo
dal formarsi la fiammella
che saliva dal beccuccio
con la miccia ardente
che si infiammava e dava
luce nel buio della sera.
Con attenzione, il lucignolo
veniva poggiato nel suo posto abituale e la sua
fiamma brillando ardeva,
rischiarando la nostra casa
umile, povera ma netta,
e nonostante fosse povera,
rischiarata, dal lucignolo
essa inteneriva mostrando
quella nostra semplicità,
con le facce serene date
dal discutere degli adulti.
La mia attenzione mi dava
pensare e catturavo il tutto,
la mia memoria era pronta
nel serbare quei momenti.
Intanto ardeva gioconda
la fiamma del lucernino.
Ardeva per noi nel nostro
cuore, nel nostro animo.
con quel senso unico, lieto
di una pace in noi ritrovata.
Domenico Friolo.
Aggiornata 2023