lunedì 8 marzo 2021

FORMULE DELLA FASCINAZIONE, ESEMPI E METAFORE di Maria Grazia Conte 2021 03 07

FORMULE DELLA FASCINAZIONE, 
ESEMPI E METAFORE
di Maria Grazia Conte  
Dott.ssa in Antropologia
2021 03 07

 

Dopo avere tracciato per linee generali il percorso del fascino attraverso i secoli, viene da chiedersi che cos'è che ancora oggi permette al fascino di resistere nella società lucana? 
Di sicuro non si può prescindere dagli studi di De Martino, punto di partenza fondamentale della questione, il cui pensiero per certi versi risulta attuale, nella misura in cui guardiamo le nostre società capitalistiche come produttrici di crisi della presenza individuale.
 
Le fonti a disposizione che potrebbero dare una risposta a questo quesito sono relativamente scarse, in quanto sotto la spinta di De martino, molti hanno condotto ricerche sul nostro territorio negli anni 50’-60’, ma l’interesse verso tale fenomeno è andato via via scemando, lasciando poche tracce nella letteratura contemporanea. 

Per cercare di dare una risposta a questo quesito cercherò di fare una comparazione tra i classici studi di De Martino, il recentissimo contributo di Roberto Ausilio che osserva il fenomeno da un punto di vista psicologico tentando di spiegare quali siano le metafore che sostengono la fascinazione e quale importanza esse assumono nelle pratiche terapeutiche e una mia piccola ricerca condotta nei paesi lucani della costa jonica. 

La fascinazione è considerata da De Martino come una “sopravvivenza culturale” che vive ancora oggi nella memoria e nell’inconscio collettivo delle comunità locali, sempre in stretta relazione con il contesto culturale in cui si sviluppano, un contesto in continuo movimento. 

Il momento magico non può essere isolato dal contesto culturale e lo stesso De Martino afferma: una volta che si imbocchi la via dell’astratta comparazione delle tecniche protettive della magia ovunque si presentino come tecniche, si perde il criterio per distinguere la magia come momento culturale della magia come conato tecnico che fallisce”. 

Gran parte dell’importanza della fascinazione è racchiusa nella potenza della ritualità e delle sue parole. 
Esiste un formula standard che viene recitata durante il rituale che può assumere diverse sfumature a seconda della località in cui ci troviamo. 
Non riporterò la formula per rispetto delle nostre tradizioni e perché non sarebbe valida senza un rito di iniziazione che descriverò più avanti. 
Le parole del rito sono pronunciate da una rimediante che con il pollice provvede a tracciare il segno della croce sulla fronte dell’ affascinato. 
Ella durante la recitazione entra in una condizione psichica oniroide attraverso la quale penetra nello stato di fascinazione del paziente, tutto ciò produce una serie di sbadigli che fanno versar lacrime da parte della rimediante nel caso di fascinazione, se questi sintomi non si presentano il paziente non è fascinato. 

In particolari zone della Lucania lo sbadiglio assume un importanza notevole perché se la rimediante sbadiglia al Pater il fascino è causato da un uomo, se si sbadiglia all’Ave Maria sarà una donna. 
Tutte le varianti in generale seguono questo modello: l’immunità battesimale, la trinità che scaccia tre elementi fascinatori oppure gli occhi invidiosi sono fronteggiati dai Santi.

Le ricerche etnologiche di De Martino portano a collegare la fascinazione a particolari ambiti dell’esistenza dell’individuo e più precisamente alla malattia, all’infanzia e all’amore. 

Nella fascinazione in amore la pratica rituale è usata per legare a sé la persona amata e non per difendersi da una forza maligna. 
Ad utilizzare maggiormente questo espediente è la donna perché generalmente nella società dell’epoca era l’elemento passivo a differenza dell’uomo. 
Ella prepara dei veri e propri filtri amorosi caratterizzati da sangue catameniale, secrezioni femminili, peli delle ascelle o del pube o il sangue delle vene. 
Tali filtri, dopo essere stati opportunamente consacrati, vengono mischiati nei cibi o nelle bevande. 
A seconda delle località questo filtro viene preparato in modo diverso. 
La malattia è uno dei momenti in cui il negativo si manifesta in tutta la sua potenza, con il rischio ben più grave dello smarrimento totale della presenza. 
In realtà ad essere importante non è tanto il sintomo, che assume una posizione secondaria, ma la volontà di sentirsi liberi dalla legatura e dal senso di denominazione. 
Proprio per questo motivo le pratiche magiche risolvono sempre la malattia non a livello organico ma a livello psicologico.

Nell’ambito della malattia troviamo tutta una serie di riti magici per proteggere l’infanzia, considerato come un momento delicato e particolarmente esposto alla fascinazione. 
Tale esposizione comincia già da quando il nascituro si trova nel grembo, per tanto la madre deve rispettare tutta una serie di “regole” ovviamente di carattere magico. 

De Martino definisce la gravidanza come  una condizione organico-psichica di morbilità magica, cioè di predisposizione a soggiacere a influenze che danneggiano il bambino. 
In questa condizione tutto può tramutarsi in realtà minacciose perfino delle preghiere fatte in chiese, per esempio a Valsinni pregando in chiesa davanti alla Madonna la futura madre deve pronunciare queste parole:<<Bella come te, ma di carne e ossa e con le parole come>>. 
L’infanzia essendo un momento molto delicato dell’esistenza deve essere costantemente protetto da pratiche magiche o da un saluto rituale, per esempio in presenza dei bambini si dice “cresci San Martino” per propiziare la vigoria e per tranquillizzare la madre. Anche per quanto riguarda la crescita ci sono dei riti magici, perché crescere è un mutamento, quindi a rischio magico sono tutti quei mutamenti che riguardano un trapasso, un movimento, un mutamento di stato.

Anche il battesimo ha la sua importanza perché è fortemente connotata da valenze esorcistiche, generalmente colui il quale ha ricevuto il battesimo dovrebbe godere di una certa immunità nella fascinazione, molto spesso infatti nelle parole magiche si ordina al fascino di andare via perché è carne battezzata, per tanto è importante eseguirlo molto presto per proteggersi dalle forze maligne. 

La fascinazione è anche in grado di “rubare” il latte materno, attraverso atti premeditati da parte dell’agente invidioso, oppure semplicemente con uno sguardo invidioso fatto apposta ma non cosciente.

Ausilio conduce una ricerca etnografica per certi versi simile a quella condotta da De Martino, ponendosi questa domanda: cosa rimane oggi dell’antica ideologia del fascino? 
E’ sepolta dal pensiero moderno o scientifico oppure ancora si può riscontrare un funzionamento della mente che si avvicina al pensiero magico? 
Egli svolge una ricerca sul campo tra il 2000 e il 2006, con l’obiettivo di capire il senso della fascinazione nel contesto culturale odierno e capirne la funzioni psicologiche nella vita attuale. 
Egli procede intervistando uno studente universitario di origini lucane, due rimedianti, un medico e un sacerdote. 
Durante la sua ricerca individua diverse formule legate alla fascinazione in cui il fascino viene personificato attraverso una metafora concettuale in cui esso diventa persona perché ha la protezione del battesimo e della trinità. 
Essa è rappresentata dal numero tre, numero sacro e importante nella cristianità e non solo, rappresenta anche la perfezione, la sintesi tra corpo, anima e spirito, e riesce a scacciare i due occhi che ti “hanno affascinato”. 
Le caratteristiche di questa formula sono simili a quella riportata da De Martino circa sessanta anni prima.