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giovedì 27 maggio 2021

MALLEUS MALEFICARUM: LA DONNA COME MEZZO DEL DEMONIO di Maria Grazia Conte Policoro 2021 04 30

MALLEUS MALEFICARUM: 
LA DONNA COME MEZZO  DEL DEMONIO
di Maria Grazia Conte dott.ssa in Antropologia
Policoro 2021 04 30



 

La fascinazione e la figura della rimediante, si inseriscono in contesti ben più ampi di ricerca, la presenza di questi argomenti è riscontrabile anche nel Martello delle streghe (malleus maleficarum). 

Esso è un testo ecclesiastico ad opera di due inquisitori domenicani Heinrich Kramer e jacob Sprenger, rappresentanti della classe dominante tedesca, scritto nella sua prima edizione nel 1486. 

Il testo è diviso in tre parti ciascuna delle quali tratta degli argomenti specifici. 

Nella prima parte vengono affrontate diciotto questioni centrate sulla stregoneria e su come il diavolo riesca ad entrare in contatto con la strega, rendendola sua serva e mezzo per compiere il male, nella seconda parte abbiamo due sole questioni che trattano sul modo di fare della stregoneria e su come eliminarne gli effetti, nella terza e ultima parte divisa in trentacinque questioni si tratta del processo giudiziario e sulla loro sentenza. 

Completamente di stampo cattolico e strutturato sulla netta dicotomia tra bene e male, Dio e il Demonio, donne e uomini, il malleus maleficarum, demonizza la figura femminile, considerandola come fonte di ogni peccato, di perfidia e soprattutto malizia , per tanto diventa un facile mezzo del demonio per colpire gli uomini. 

Ciò che traspare è un modo di pensare tipicamente medievale, cattolico e misogino che non lascia spazio alla donna di poter emergere nella società alla pari dell’uomo. 

La donna ha da sempre cercato di riscattarsi socialmente utilizzando ogni tipo di mezzo disponibile con il rischio di essere bruciata su un rogo. 

All'inizio del trattato viene considerato il fascino dell’occhio ingannatore attraverso tre modalità: la prima è l’inganno dei sensi provocata dai diavoli, la seconda è l’invidia  e la terza dice che attraverso l’odio può esistere una trasformazione malefica nel corpo attraverso gli occhi. 

L’opera del fascino è messa in atto dal demonio che si serve della donna per attuarla. Siamo lontani dal fascino come lo intendeva De martino, ovvero massima espressione della bassa magia cerimoniale lucana, in questo testo è interpretato in chiave completamente cattolica e quindi come un mezzo del maligno per fare del male agli uomini. 

Anche la figura della rimediante demartiniana si oppone alla strega del malleus. La rimediante è una figura positiva ed essenziale all’interno della società, grazie alle sue pratiche magiche ripristina l’ordine della società stessa  minata dal fascino al contrario la strega è descritta negativamente, come un male da estirpare, è lei stessa a rappresentare il caos della società e il rischio di disgregazione della stessa. 

Il malleus maleficarum pur essendo un testo medievale trova attualità nel nostro tempo, le società si evolvono e le donne costantemente cercano il loro riscatto che cambia attraverso i tempi e ancora oggi ci sono troppe donne demonizzate e metaforicamente bruciate, basti pensare ai tanti femminicidi e abusi sempre troppo attuali.

La donna , nel manuale dell’inquisitore, è un  mezzo di cui si serve il diavolo perché è maliziosa, fragile, superstiziosa, impressionabile, volubile e vendicativa a prova di ciò abbiamo il vecchio testamento con la presenza di Eva. 

La donna è cattiva per natura  “come conseguenza del loro primo difetto, quello dell’intelligenza, sono più portate a rinnegare la fede (….) studiano escogitano e infliggono varie vendette, sia attraverso stregonerie sia in qualunque altro modo. 

Non c’è da stupirsi se in questo sesso c’è tanta abbondanza di streghe[1]”. 

Questo estratto evidenzia la paura della classe dominante maschile di essere eguagliati o addirittura sovrastati dall’intelligenza femminile. 

A sostegno di questa tesi viene palesemente evidenziato il fatto che quasi tutti i regni del mondo sono stati rovesciati a causa delle donne, basti pensare alla guerra di Troia scatenata dal rapimento di Elena.

 Cercherò di delineare per sommi capi il contenuto di questo manuale cominciando col dire che la donna è un nemico occulto che ottiene ciò che vuole molto spesso attraverso l’infedeltà, l’ambizione e la lussuria. 

In accordo con i principi cattolici la sessualità della donna non è riconosciuta se non per procreare, non può alla pari dell’uomo esprimere liberamente i propri desideri carnali. Vengono elencati sette metodi per colpire con la stregoneria: portare gli uomini ad un amore disordinato, bloccare la loro forza generativa, asportare il membro virile, trasformare gli uomini in bestie (un esempio nelle storia antica potrebbe essere Circe che trasforma i compagni di Ulisse in porci), compromettere le gravidanze delle donne, provocare l’aborto e offrire i bambini al diavolo. 

I metodi che il demonio utilizza per attirare le streghe sono generalmente tre: il primo è il tedio, il secondo è la seduzione dei buoni perché i cattivi già li possiede e il terzo è l’adescamento attraverso la povertà e la tristezza di alcune ragazze ingannate dal proprio uomo. 

Le streghe a loro volta si differenziano in tre categorie in base alla natura del patto fatto con il diavolo, quindi ci sono quelle che procurano lesioni, quelle che curano e non procurano lesioni e quelle che procurano lesioni e curano. 

Le ultime sono le peggiori in quanto possono fare moltissimi danni come ad esempio scatenare agenti atmosferici, provocare l’aborto, uccidere i bambini, avere rapporti sessuali con il diavolo e molto altro. 

La parte più significativa di tutta l’opera è la terza in cui viene spiegato con minuzia di particolari, il processo, le torture e le sentenze. 

Le donne venivano umiliate attraverso interrogatori, torture corporali come quella del ferro rovente o facendole bere dell’acqua bollente, venivano completamente rasate per poi essere bruciate sul rogo.



[1] H. Kramer, J. Sprenger, Il martello delle streghe, ed. Spilari 2003, pag. 92.


domenica 25 aprile 2021

MAGIA NELLA TELEVISIONE, NELLA PUBBLICITA’ E FASCINAZIONE AL TELEFONO di Maria Grazia Conte Policoro 2021 04 20

MAGIA NELLA TELEVISIONE, 
NELLA PUBBLICITÀ E 
FASCINAZIONE AL TELEFONO

di Maria Grazia Conte
Dott.ssa in Antropologia
Policoro 2021 04 20

 


Secondo Fabio Dei, (insegnante di antropologia culturale a Pisa), attraverso la televisione passano le dinamiche egemoniche subalterne e proprio tramite essa si viene a creare un legame tra la costituzione dell’individualità moderna e l’esperienza di spettatore-consumatore. 

Dei riconduce l’utilizzo dei mass media nella categoria rituale dove la cultura di massa non è più vista come anti-cultura o come caratteristica alienante dell’individuo immerso nella società capitalistica, ma studiarne il modo in cui essa viene utilizzata porta alla conoscenza della fenomenologia del quotidiano. 

La televisione viene quindi considerata come un totem domestico che riconfigura i confini tra individuale e collettivo, simulando l’inserimento dell’individuo in una società che esiste solo nella dimensione televisiva. 

In questa cornice si sviluppa il rapporto tra magia e televisione. 

In Italia non esiste nessun rapporto tra magia e mass media prima degli anni 80’, molto probabilmente questo ritardo è dovuto al fatto che i maghi non possono contenere gli elevati costi pubblicitari, perché è molto difficile individuare il gruppo preciso dei potenziali clienti, in quanto coinvolge diverse classi sociali e diversi fattori personali. 

I maghi per pubblicizzarsi hanno usato di tutto dai volantini sino agli spot radiofonici, ma nulla è stato molto efficace perché il compito del mago non è attirare l’attenzione di un potenziale cliente verso un prodotto, ma vincere la resistenza del cliente e imporre la propria autorità magica. 

Per tanto negli anni 90’ si sviluppa la telemagia, diversa dalle normali pubblicità, essa si compone di due fasi, una si occupa delle telepromozioni magiche, l’altra dei consulti telefonici. 

In Italia il caso che ha fatto più scalpore fu quello di Wanna Marchi, che grazie all'utilizzo della telemagia e all'interazione con la comunicazione di massa riuscì ad incassare più di trenta milioni di euro. 

La magia in televisione permette al mago di creare un legame immediatamente riconoscibile e coinvolgente con il pubblico. 

Le caratteristiche delle telepromozioni magiche sono l’isolamento dello spettatore e la subliminalità del messaggio. 

La differenza tra chi cerca di persuadere in modo tradizionale e chi lo fa attraverso la telemagia, risiede nel fatto che il primo si rivolge a un pubblico coeso in una sorta di spettacolo pubblico, il secondo invece, privilegia l’isolamento e la privacy tra mago e cliente che d'altronde si ritrova nella relazione magica che intercorre tra essi nella magia tradizionale. 

Però con l’utilizzo della magia nella televisione il principio di isolamento e privacy entra in contraddizione, perché il mago televisivo parla non al singolo ma a un vasto pubblico anonimo, per tanto deve utilizzare un particolare linguaggio che renda la conversazione confidenziale. 

Questa comunicazione avviene tramite il consulto telefonico in cui il mago interagisce con il suo cliente e procede a spersonalizzarlo attraverso dei rimandi e collegamenti tra la storia personale del cliente e quella di altri. 

Non potendo avere un isolamento, il mago televisivo, cerca di porre rimedio collocando le proprie trasmissioni o in seconda serata o al mattino, quando il possibile cliente è molto probabilmente solo e non con l’intera famiglia, oggi la magia diventa una telepromozione, abbandona la sua spettacolarità. 

Nelle telepromozioni magiche l’allestimento è sobrio, il mago è tranquillo, il ritmo è lento e monotono, vengono emanati dei messaggi subliminali senza praticare alcun rito o pronunciare formule magiche. 

Produrre delle modeste trasmissioni costa molto meno di un vero e proprio spettacolo televisivo, mantenendo anche un aspetto sobrio, il mago riesce a rivolgersi anche ad un pubblico più diffidente. 

Anche la comunicazione non verbale deve essere ben controllata attraverso i silenzi, il gioco degli sguardi e la gestualità. 

I clienti dei maghi si distribuiscono in modo piramidale dove alla base ci sono gli spettatori delle telepromozioni, un pubblico molto vasto ma poco interessato. 

Al centro ci sono coloro che cercano un consulto telefonico occasionale e in cima ci sono pochi individui i quali diventano clienti assidui. 

Il luogo in cui la relazione magica diventa molto più stretta è lo studio del mago che a differenza di quello televisivo è molto più elegante e caratterizzato da effetti speciali per creare un effetto suggestivo. 

Proprio in questa cornice si sviluppano i maggiori crimini perché ogni dettaglio, dall'allestimento dello studio all'abbigliamento, è curato nei minimi particolari per sfruttare la fragilità psicologica del cliente. 

Tornando al fenomeno della fascinazione, dell’occhio che invidia, tipico della cultura lucana, si può notare che non ha nessun rapporto con questo tipo di magia “odierna” che viene pubblicizzata e trasmessa in televisione, proprio perché le sue caratteristiche sono lontane da quelle che regolano la magia attraverso i media, la fascinazione intrattiene rapporti con un mezzo di comunicazione nello specifico il telefono. 

Nel corso di un intervista svolta da me ad una rimediante quarantenne, ho appreso che la fascinazione può essere risolta anche tramite telefono. 

Ella mi ha parlato della sua esperienza e di cosa vuol dire praticare questo rito. Ho avuto l’impressione che sia per la rimediante quasi un “cimelio” di famiglia tramandato oralmente di generazione in generazione tra le donne del nucleo famigliare. 

E’ proprio lo stretto rapporto famigliare e comunitario a rendere possibile la sopravvivenza di questo rituale. 

Durante il racconto della sua esperienza non entra mai nella descrizione del rito perché le sue parole non possono essere divulgate a chiunque o in qualsiasi momento, perché farlo sarebbe infrangere la sacralità dello stesso e tradire in qualche modo la magia contenuta nella formula stessa. 

La particolarità di questa rimediante è che oltre a praticarlo nel modo classico, lo pratica anche per telefono. 

In questa situazione manca il contatto fisico con l’”affascinato”, non gli si può praticare il segno della croce sulla fronte, nonostante manchi la vicinanza fisica, la rimediante entra lo stesso in una fase oniroide che le permette di connettersi con l’”affascinato” anche solo attraverso la voce e il filo del telefono. 

Nel caso in cui la fascinazione sia presente, l’individuo può provvedere a levarla da sé lavandosi il viso con acqua e sale per poi gettarla a un crocevia. 

Nonostante il rito della fascinazione può passare attraverso il telefono rientra nella sfera della magia tradizionale, poiché la relazione magica si svolge tra due individui che fanno parte della stessa comunità e condividono gli stessi elementi culturali. 

Il telefono in questo caso è solo un canale comunicativo che rende più veloce e accessibile la pratica del rito. 

La magia “odierna” al telefono è ben diversa e diversamente organizzata. 

Il mago commerciale, al contrario della rimediante, fa dei consulti attraverso telefonate molto costose tramite servizi audiotex. 

Attraverso il telefono il  tutto è molto veloce, il cliente non deve rivelare la sua identità, non deve pagare subito e non deve uscire di casa. 

Ovviamente il mago non può rispondere personalmente a tutte le chiamate per tanto si organizzano con veri e propri call center, in cui gli operatori non sanno nulla di magia, il loro unico compito è trattenere il più a lungo possibile il cliente al telefono. 

Se si ha un buon centralino, si può fare a meno delle promozioni televisive perché i guadagni sono davvero ingenti. 

Tutto ciò porta ad una vera e propria mercificazione della magia ben lontana dalla fascinazione e dalla risoluzione della crisi della presenza, ma è tutto ridotto al guadagno attraverso la manipolazione di chi crede. 

Nelle società pre-moderne la tradizione creava la relazione magica, oggi grazie ai media, la magia che nel corso del tempo era stata condannata dalla religione, ripudiata dalla scienza, compare oggi nella sfera del commercio e del business, adeguandosi al mercato capitalista.

mercoledì 7 aprile 2021

MAGIA TRADIZIONALE E MAGIA MODERNA di Maria Grazia Conte 2021 04 07

MAGIA TRADIZIONALE 
E MAGIA MODERNA 
di Maria Grazia Conte
Dott.ssa in Antropologia 
Policoro 2021 04 07 

 


In Lucania, così come in qualsiasi altro luogo dell’Italia e del mondo, accanto alla magia tradizionale, in cui rientra la pratica della fascinazione, esiste anche un tipo di magia che si potrebbe definire moderna , in cui la relazione magica si istituisce attraverso la mediazione del denaro e dei mezzi di comunicazione di massa. 

Questo tipo di magia è ben lontana dal fenomeno osservato da De martino, in cui essa e il rito sono prodotti culturali, elementi indispensabili per il buon funzionamento della società stessa. 

La magia moderna sfrutta l’elemento tradizionale attraverso telepromozioni magiche, rapporti con le emittenti televisive, installazioni di linee telefoniche e call-center. 

E’ quindi lontano il tempo in cui essa poteva essere gestita dai singoli, adesso per poter sopravvivere nelle nostre intricate società moderne la magia sviluppa una forma di organizzazione altrettanto moderna, creando delle vere e proprie imprese del magico. 

Esiste una differenza sostanziale tra il mago/a tradizionale e quello moderno, il primo opera all’interno della sua comunità e per il suo funzionamento senza chiedere nulla in cambio. 

Egli ha una vocazione, attraversa un processo di iniziazione, esercita il suo potere solo per la collettività, la sua autorità deriva solo dai parametri culturali in cui è inserito. In questo quadro si collocano le rimedianti che risolvono la fascinazione. 

Invece l’operatore magico-moderno, colui il quale fa della magia una professione e un business, non è vincolato a nessun elemento culturale e la sua autorità magica non è fornita dalla comunità, ma la fabbrica da solo. 

Questi due tipi di magia convivono ma sono profondamente diversi, perché quella tradizionale è prodotta e usata nella comunità stessa, quella moderna è una sorta di business. 

Proprio per questo suo carattere imprenditoriale e per il fatto che non è più al servizio della comunità in cui viene prodotta, la magia moderna sfocia molto spesso nell’illegalità, sfruttando l’angoscia e la dipendenza di chi ne usufruisce. 

Rimanendo nell’ambito lucano si riscontra  questo nuovo modo di fare magia, nel caso accaduto a Ripacandida, in provincia di Potenza, che vede coinvolto un “mago miliardario”. 

Tale notizia compare su “La Repubblica” del 1987 e riguarda un settantacinquenne, Pasquale Gioiosa, trovato in possesso di tre miliardi di lire, guadagnati grazie alla sua professione di guaritore e chiromante. 

Questa notizia coinvolge da vicino il Dottor Thomas Hauschild, etno-antropologo tedesco, dell’università di Colonia, che proprio in quegli anni aveva condotto ricerche in quei territori. 

Egli nell’articolo dice di aver fatto degli studi nella zona del Vulture dove tradizione e modernità convivono ma non senza conflitti. 

Egli afferma di aver parlato con molte persone ma solo pochi fra loro potevano considerarsi dei guaritori nel momento in cui utilizzavano delle formule magico-religiose. 

Durante questi studi non ha mai incontrato Pasquale Gioiosa perché si è rifiutato di farlo e lo studioso afferma che i “veri maghi” hanno sempre parlato con lui delle pratiche da loro utilizzate e dei problemi dei loro clienti, nessuno di loro si arricchiva con questo tipo di professione perché avevano un’etica che impediva loro di approfittare del proprio ruolo. 

I loro rituali terapeutici non erano inventati sul momento ma erano inseriti in una cornice teorica di molti rituali cattolici. 

Quale immagine della moderna società italiana forniscono invece corrispondenze come quelle della “Repubblica”? 

Ancora una volta il luogo comune di un sud eternamente avvolto nelle maglie della superstizione, dimenticando oppure ignorando, dato il loro carattere affrettato, che quasi tutti i clienti del “dottore” Pasquale Gioiosa provenivano dalle città: i ripacandidesi, guardavano le automobili di lusso che sostavano davanti all’abitazione del Gioiosa, ironizzavano spesso sulla credulità dei “signorini di città”. 

La differenza tra queste due tipologie di magia non è poi così netta, perché sia oggi sia in passato, la magia contiene una dose di dissimulazione, però ridurre la magia a un insieme di raggiri e superstizioni significa sottovalutare il fenomeno magico.  

Già a partire da Frazer ne il “Ramo d’oro” si affaccia l’idea che la magia possa essere valutata attraverso i parametri del vero e del falso, secondo un pregiudizio positivista, egli mette a confronto la magia delle comunità selvagge con le conoscenze scientifiche occidentali arrivando a dire che la magia è “tanto un sistema spurio di legge naturale quanto una fallace guida di condotta….sia una falsa scienza che un ‘arte abortiva[1] “. 

Per quanto nel corso del tempo, questo pregiudizio sia stato rigettato, ancora oggi la magia viene vista come falsa scienza e il mago è visto come un cialtrone che sfrutta l’ignoranza e la superstizione della gente. 

Però l’utilizzo di particolari artifici magici è usato sia dalla magia tradizionale sia da quella moderna e non è questo l’elemento che può dirci se un mago agisce in buona fede o no, ma è il contesto sociale odierno che spinge il mago alla criminalità. 

Non si può ridurre la magia ad un semplice inganno perché è un sistema intricato di meccanismi psicologici e sociali. 

Essa non serve per conoscere il mondo come fa la scienza, ma sia quella tradizionale sia quella moderna sono utilizzate per dominare la realtà. 

Ad occuparsi della magia da un punto di vista psicologico è stato Freud in “Totem e tabù” dove  viene messo in evidenza un legame profondo tra la vita psichica dei selvaggi e i nevrotici. 

In entrambi, secondo Freud, nasce una sopravvalutazione dei propri desideri che si oggettivano nel mondo attraverso processi psichici. 

Per Ernesto De martino la magia è la fiducia nell’onnipotenza della volontà nei momenti in cui la presenza nel mondo è messa a rischio, quindi il magico appare come il riscatto dell’impotenza dell’individuo. 

La magia non è un fatto individuale ma collettivo ed è una vera e propria professione sia per quella tradizionale sia per quella contemporanea . 

Nella cultura magica tradizionale essa tende a concentrarsi nelle mani di pochi esperti, diventando una sorta di mestiere in quanto si instaura un rapporto professionale tra il mago e i suoi clienti. 

Il cliente è in preda a una contraddizione tra ciò che desidera e la situazione in cui si trova che minaccia la sua identità, confondendo il confine tra l’Io e il mondo per tanto può solo rimettersi nelle mani del mago. 

Egli riesce a sistemare sul piano simbolico la divergenza tra la volontà del cliente e le condizioni della sua vita. 

Il cliente non deve credere al mago ma obbedire  ad esso, a questo punto la relazione magica diventa una forma di dipendenza dove egli non ha nessun controllo. 

Si può affermare che gli elementi della relazione magica non cambiano nel tempo, ma a cambiare sono solo i contesti sociali in cui essa viene praticata.  

La professione dei maghi siano essi sciamani o maghi odierni è garantita  dalle norme di comunità in cui essi esercitano perché sempre e ovunque l’attività  del mago è guidata da norme culturali. 

Questa fusione completa tra pratica magica e collettività si ha solo in società poco differenziate, perché la magia si mescola in tutti i settori della sfera sociale. 

I maghi moderni quindi sono privati dell’autorità tradizionale e devono costruirsi una reputazione ed anche una clientela e lo fanno attraverso la mediazione del denaro e dei mass media. 

In principio il mago era ricompensato attraverso l’affermazione del suo status sociale per tanto era vincolato al suo gruppo, oggi con il passaggio da un’ economia del dono a quella monetaria, il cliente può andare da qualsiasi mago e pagarlo in denaro. 

Dagli anni settanta in poi con il denaro e i titoli magici possono essere anche acquistati, senza che egli passi attraverso un rito di iniziazione. 

Attraverso i mass media egli costituisce la propria  autorità e clientela a livello globale senza passare attraverso l’autorità e lo status che garantisce la tradizione.



[1] Frazer, Il ramo d’oro (1922), trad. it., Roma, newton and compton 1992, pag. 32.


lunedì 22 marzo 2021

RIMEDIANTI, STREGHE, FATTUCCHIERE E “MASCIARE” di Maria Grazia Conte 2021 03 21

RIMEDIANTI, STREGHE, 
FATTUCCHIERE E “MASCIARE”
di Maria Grazia Conte 
Policoro 2021 03 21

Leggi anche:  RIMEDIANTI, STREGHE, FATTUCCHIERE E “MASCIARE”  
IL RISCATTO DELLA DONNA


 La figura della rimediante ha un ruolo centrale all'interno della pratica della fascinazione, senza la sua persona che funge da ponte, durante la fase oniroide, tra l’elemento fascinatore e quello fascinato, non si potrebbe avere una risoluzione magica della stessa. 

La rimediante di solito è una donna ma tale pratica può essere svolta anche dagli uomini. Nella società lucana di un tempo e anche in quella odierna questi individui vengono denominati “masciari”. 

E’ opportuno fare una distinzione tra i “masciari” cosiddetti buoni e quelli cattivi. 

Le rimedianti rientrano nella categoria dei buoni  e praticano la magia solo ed esclusivamente per fare del bene alla gente senza chiedere nulla in cambio. 

Nella seconda categoria rientrano coloro i quali hanno venduto l’anima al diavolo, praticano la magia nera e fattura a morte, dietro un ingente somma di denaro. 

Si crede che essi vadano in giro di notte, cavalcando dei cani, verso le abitazioni delle persone che vogliono colpire oppure assumono le sembianze di serpenti, rospi, conigli, gatti e topi. 

Per diventare masciara si fa una lunga pratica di iniziazione sotto la guida di un'altra masciara : la novizia deve procurare attraverso un maleficio la morte di una persona cara. Tutte le formule di insegnamento di scongiuro vengono tramandate solo in giorni di festa  come il Natale o la Pasqua, definiti giorni “grannili”, cioè di grande solennità. 

La figura della rimediante rientra in una tradizione millenaria che vede le donne protagoniste come streghe, fattucchiere, maghe, custodi di un grande sapere tipicamente femminile che in diverse epoche hanno rivestito un ruolo di grande importanza nella società. 
Esse sono l’espressione dell’evoluzione del ruolo sociale della donna, che molto spesso a rischio della propria vita, decidono di esercitare il proprio diritto alla libertà. 

E’ pur vero che anche gli uomini praticavano la magia ma in maniera limitata, il mondo maschile era principalmente politico e religioso, pertanto essi relegavano l’immagine della stregoneria come fenomeno prettamente femminile, per poter escludere le donne dagli ambiti sociali più importanti. 

Già nel V secolo a. c. nelle “dodici tavole”, il codice giuridico romano, si proibiva la pratica associata alla magia ma furono consentite alcune pratiche private che porteranno alla proliferazione della stregoneria nel mondo antico. 

La letteratura è piena di immagini di donne che esercitano poteri magici ad esempio una delle figure più interessanti della stregoneria classica è la maga Circe . 

Virgilio la rappresenta come una maga che riusciva a trattenere gli uomini condizionandone la volontà.  

Si costruisce quindi un’immagine della donna, come origine di malefici che sarà promossa dal cristianesimo e durerà fino ai giorni nostri. 

Si può considerare la maga Circe come una sorta di progenitrice delle nostre “masciare”, nel momento in cui cerca di legare a sé il proprio amato attraverso la magia, una donna che si oppone all'ordine sociale maschile, quando cerca di trattenere il proprio amato contro la sua volontà. 

La tradizione greco-romana è piena di queste figure femminili, simboli e icone dell’arte magica. Un altro esempio è quello di Medea che incarna la dimensione malefica della passione amorosa che la legava a Giasone. 

Anche Didone può essere annoverata in questo gruppo di donne, regina di Cartagine, la sua figura si colloca tra mitologia e storia. 

Ella non è un adattamento alla maga Circe, perché non è una semplice strega, ma una donna innamorata che si suicida con la spada del suo amante. 

Didone è un esempio di donna che si trasforma in strega per motivi di circostanza cioè trattenere a sé il proprio amato, da una parte è un’innamorata in preda alla disperazione, dall'altra è una donna che conosce i poteri delle streghe. 

I personaggi menzionati finora sono gli esempi più eclatanti di donne che attraverso la magia riescono a influenzare il mondo maschile, che inevitabilmente le relegava in un gradino più basso della scala sociale. 

Esse rimangono nell'immaginario collettivo perché la letteratura greco-romana le conduce fino ai giorni nostri. 

Esse erano Dee o grandi regine sospese in un tempo a metà strada tra la mitologia e la storia.

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IL RISCATTO DELLA DONNA

domenica 21 marzo 2021

RIMEDIANTI, STREGHE, FATTUCCHIERE E “MASCIARE”: IL RISCATTO DELLA DONNA di Maria Grazia Conte 2021 03 21

RIMEDIANTI, STREGHE, 
FATTUCCHIERE E “MASCIARE”: 
IL RISCATTO DELLA DONNA 
di Maria Grazia Conte 
Policoro 2021 03 21

Leggi anche: RIMEDIANTI, STREGHE, FATTUCCHIERE E “MASCIARE”


Ma cosa accadeva alle donne “comuni” che praticavano la magia o semplicemente erano sospettate di praticarla? 

Sono tristemente note le sorti che toccavano a tante donne durante i secoli XII e XIII. 

La chiesa condannava qualsiasi comportamento ritenuto magico tranne la medicina e l’astrologia. 

In quegli anni Tommaso D’aquino scriverà nella sua “Summa Theologie” che il patto diabolico è l’elemento fondamentale della stregoneria. 

In questo quadro tracciato da San Tommaso le streghe non sono più donne ignoranti che si affidano a superstizioni pagane eridate da secoli, ma sono complici del diavolo. 

La relazione tra magia e sesso femminile era presente sia nella tradizione greco-romana, sia in quella medievale in cui secondo il pensiero di Beroja: accusando parte della collettività di stregoneria, si possono difendere interessi politici, perché in quel modo si potevano dominare le masse.

La concezione della magia e di conseguenza la figura delle streghe ad essa annessa cambia nel XIII SEC, la strega diventa colei che esercita i poteri diabolici ed ha rapporti con il diavolo. 

Questa nuova visione della magia è da attribuirsi in larga misura della chiesa che individuava in essa un pericolo poiché si diffondeva rapidamente in tutte le classi sociali, togliendo terreno fertile ai principi religiosi. 

Le cosiddette streghe  subirono una feroce repressione a partire dal XIV secolo, subito dopo l’epidemia della peste nera che aveva fatto nascere una psicosi collettiva che vedeva nelle streghe l’origine di tale epidemia. 

Nasce proprio in questo periodo l’idea che queste donne si riuniscono per adorare il demonio durante il sabba. 

Il manuale che maggiormente ha influito sulla caccia alle streghe  fu il “Malleus Maleficarum”, il martello delle streghe, ad opera degli inquisitori domenicani Jacob Sprenger e Heinrich von Kramer. 

Questo manuale è importante per tutti gli inquisitori perché dà importanti riferimenti su come individuare e interrogare le streghe e come combatterle. 

La strega quindi a partire dalla fine dell’età medievale, sarà un’eretica o un’emarginata, che le istituzioni sociali finivano per condannare a morte, molto spesso ad esserlo erano le donne più indifese, prive della protezione patriarcale.

La figura della rimediante, elemento fondamentale per la risoluzione magica della fascinazione, si inserisce all’interno di questo quadro per alcuni aspetti ma differisce per altri. 

Di sicuro la rimediante non è un personaggio mitologico come la maga Circe che ricorre alla magia solo per amore, ma è una donna la cui figura è fondamentale per l’intera comunità, senza la sua mediazione la crisi della presenza non può essere reiterata sul piano mitico-rituale. 

Ciò che la lega in qualche modo alla figura della maga Circe e di tutte queste altre donne è il momento della legatura amorosa. 

La rimediante non può essere nemmeno paragonata alle streghe che durante il periodo medievale finivano sul rogo perché si credeva fossero dedite all’omicidio dei fanciulli, controllavano le forze della natura, causavano carestie e pestilenze. 

Le rimedianti sono per così dire delle “streghe buone”. 

Il filo conduttore che lega tutte queste donne dedite alla magia nelle sue diverse forme è il riscatto sociale da un mondo maschile che le relegava ad un ruolo sociale subordinato. Nella nostra società contemporanea la donna gode di grande emancipazione e dopo moltissime lotte è riuscita ad avere uguali diritti e doveri dell’uomo. 

Allora viene da chiedersi come mai esistono ancora le rimedianti, le “masciare” o delle “streghe moderne”? 

Senza dubbio le rimedianti lucane sono le depositarie di sopravvivenza culturali accumulate nel tempo, accanto ad esse nascono nuovi modi di fare magia ed essere streghe. 

Il più importante tra questi è il movimento contemporaneo della wicca che si colloca a metà strada tra religione pagana e magia. 

La sua stregoneria non è collegata a quella medievale, né agli atti tipici delle sette sataniche, non si rifà al culto del demonio ma al neopaganesimo. 

Questo movimento nasce dalle opere di Gerald Gardner. 

I wiccan credono nella divinità “Madre Dea” e in alcuni casi in un “Dio cornuto” suo consorte. 

Questi Dei sono la personificazione della fonte divina di tutte le cose. 

La magia della wicca ha un ruolo fondamentale perché consente di ridare energia al nostro pianeta devastato. 

La magia diventa una pratica religiosa perché mediante riti e incantesimi si creano legami tra l’uomo e la divinità. 

Ogni epoca per quanto moderna e tecnologica possa essere ha sempre bisogno dell’elemento magico che è ereditato e rielaborato a partire da conoscenze accumulate nei secoli riadattandole alle problematiche del proprio tempo, per dirla alla De martino per risolvere la crisi della presenza. 


Leggi anche: RIMEDIANTI, STREGHE, FATTUCCHIERE E “MASCIARE”

lunedì 8 marzo 2021

FORMULE DELLA FASCINAZIONE, ESEMPI E METAFORE di Maria Grazia Conte 2021 03 07

FORMULE DELLA FASCINAZIONE, 
ESEMPI E METAFORE
di Maria Grazia Conte  
Dott.ssa in Antropologia
2021 03 07

 

Dopo avere tracciato per linee generali il percorso del fascino attraverso i secoli, viene da chiedersi che cos'è che ancora oggi permette al fascino di resistere nella società lucana? 
Di sicuro non si può prescindere dagli studi di De Martino, punto di partenza fondamentale della questione, il cui pensiero per certi versi risulta attuale, nella misura in cui guardiamo le nostre società capitalistiche come produttrici di crisi della presenza individuale.
 
Le fonti a disposizione che potrebbero dare una risposta a questo quesito sono relativamente scarse, in quanto sotto la spinta di De martino, molti hanno condotto ricerche sul nostro territorio negli anni 50’-60’, ma l’interesse verso tale fenomeno è andato via via scemando, lasciando poche tracce nella letteratura contemporanea. 

Per cercare di dare una risposta a questo quesito cercherò di fare una comparazione tra i classici studi di De Martino, il recentissimo contributo di Roberto Ausilio che osserva il fenomeno da un punto di vista psicologico tentando di spiegare quali siano le metafore che sostengono la fascinazione e quale importanza esse assumono nelle pratiche terapeutiche e una mia piccola ricerca condotta nei paesi lucani della costa jonica. 

La fascinazione è considerata da De Martino come una “sopravvivenza culturale” che vive ancora oggi nella memoria e nell’inconscio collettivo delle comunità locali, sempre in stretta relazione con il contesto culturale in cui si sviluppano, un contesto in continuo movimento. 

Il momento magico non può essere isolato dal contesto culturale e lo stesso De Martino afferma: una volta che si imbocchi la via dell’astratta comparazione delle tecniche protettive della magia ovunque si presentino come tecniche, si perde il criterio per distinguere la magia come momento culturale della magia come conato tecnico che fallisce”. 

Gran parte dell’importanza della fascinazione è racchiusa nella potenza della ritualità e delle sue parole. 
Esiste un formula standard che viene recitata durante il rituale che può assumere diverse sfumature a seconda della località in cui ci troviamo. 
Non riporterò la formula per rispetto delle nostre tradizioni e perché non sarebbe valida senza un rito di iniziazione che descriverò più avanti. 
Le parole del rito sono pronunciate da una rimediante che con il pollice provvede a tracciare il segno della croce sulla fronte dell’ affascinato. 
Ella durante la recitazione entra in una condizione psichica oniroide attraverso la quale penetra nello stato di fascinazione del paziente, tutto ciò produce una serie di sbadigli che fanno versar lacrime da parte della rimediante nel caso di fascinazione, se questi sintomi non si presentano il paziente non è fascinato. 

In particolari zone della Lucania lo sbadiglio assume un importanza notevole perché se la rimediante sbadiglia al Pater il fascino è causato da un uomo, se si sbadiglia all’Ave Maria sarà una donna. 
Tutte le varianti in generale seguono questo modello: l’immunità battesimale, la trinità che scaccia tre elementi fascinatori oppure gli occhi invidiosi sono fronteggiati dai Santi.

Le ricerche etnologiche di De Martino portano a collegare la fascinazione a particolari ambiti dell’esistenza dell’individuo e più precisamente alla malattia, all’infanzia e all’amore. 

Nella fascinazione in amore la pratica rituale è usata per legare a sé la persona amata e non per difendersi da una forza maligna. 
Ad utilizzare maggiormente questo espediente è la donna perché generalmente nella società dell’epoca era l’elemento passivo a differenza dell’uomo. 
Ella prepara dei veri e propri filtri amorosi caratterizzati da sangue catameniale, secrezioni femminili, peli delle ascelle o del pube o il sangue delle vene. 
Tali filtri, dopo essere stati opportunamente consacrati, vengono mischiati nei cibi o nelle bevande. 
A seconda delle località questo filtro viene preparato in modo diverso. 
La malattia è uno dei momenti in cui il negativo si manifesta in tutta la sua potenza, con il rischio ben più grave dello smarrimento totale della presenza. 
In realtà ad essere importante non è tanto il sintomo, che assume una posizione secondaria, ma la volontà di sentirsi liberi dalla legatura e dal senso di denominazione. 
Proprio per questo motivo le pratiche magiche risolvono sempre la malattia non a livello organico ma a livello psicologico.

Nell’ambito della malattia troviamo tutta una serie di riti magici per proteggere l’infanzia, considerato come un momento delicato e particolarmente esposto alla fascinazione. 
Tale esposizione comincia già da quando il nascituro si trova nel grembo, per tanto la madre deve rispettare tutta una serie di “regole” ovviamente di carattere magico. 

De Martino definisce la gravidanza come  una condizione organico-psichica di morbilità magica, cioè di predisposizione a soggiacere a influenze che danneggiano il bambino. 
In questa condizione tutto può tramutarsi in realtà minacciose perfino delle preghiere fatte in chiese, per esempio a Valsinni pregando in chiesa davanti alla Madonna la futura madre deve pronunciare queste parole:<<Bella come te, ma di carne e ossa e con le parole come>>. 
L’infanzia essendo un momento molto delicato dell’esistenza deve essere costantemente protetto da pratiche magiche o da un saluto rituale, per esempio in presenza dei bambini si dice “cresci San Martino” per propiziare la vigoria e per tranquillizzare la madre. Anche per quanto riguarda la crescita ci sono dei riti magici, perché crescere è un mutamento, quindi a rischio magico sono tutti quei mutamenti che riguardano un trapasso, un movimento, un mutamento di stato.

Anche il battesimo ha la sua importanza perché è fortemente connotata da valenze esorcistiche, generalmente colui il quale ha ricevuto il battesimo dovrebbe godere di una certa immunità nella fascinazione, molto spesso infatti nelle parole magiche si ordina al fascino di andare via perché è carne battezzata, per tanto è importante eseguirlo molto presto per proteggersi dalle forze maligne. 

La fascinazione è anche in grado di “rubare” il latte materno, attraverso atti premeditati da parte dell’agente invidioso, oppure semplicemente con uno sguardo invidioso fatto apposta ma non cosciente.

Ausilio conduce una ricerca etnografica per certi versi simile a quella condotta da De Martino, ponendosi questa domanda: cosa rimane oggi dell’antica ideologia del fascino? 
E’ sepolta dal pensiero moderno o scientifico oppure ancora si può riscontrare un funzionamento della mente che si avvicina al pensiero magico? 
Egli svolge una ricerca sul campo tra il 2000 e il 2006, con l’obiettivo di capire il senso della fascinazione nel contesto culturale odierno e capirne la funzioni psicologiche nella vita attuale. 
Egli procede intervistando uno studente universitario di origini lucane, due rimedianti, un medico e un sacerdote. 
Durante la sua ricerca individua diverse formule legate alla fascinazione in cui il fascino viene personificato attraverso una metafora concettuale in cui esso diventa persona perché ha la protezione del battesimo e della trinità. 
Essa è rappresentata dal numero tre, numero sacro e importante nella cristianità e non solo, rappresenta anche la perfezione, la sintesi tra corpo, anima e spirito, e riesce a scacciare i due occhi che ti “hanno affascinato”. 
Le caratteristiche di questa formula sono simili a quella riportata da De Martino circa sessanta anni prima.

venerdì 26 febbraio 2021

FASCINAZIONE DESCRIZIONE E STORIA di Maria Grazia Conte

FASCINAZIONE
DESCRIZIONE E STORIA 
di Maria Grazia Conte

Policoro 2021 02 26


La fascinazione, in dialetto denominata fascinatura, affascin’ o attaccatur’, è l’espressione principale della bassa magia cerimoniale lucana e tutte le altre forme di magia sono in connessione con essa. 

La fascinazione è “condizione psichica di impedimento e di inibizione, e al tempo stesso un senso di dominazione, un essere agito da una forza altrettanto potente quanto occulta, che lascia senza margine l’autonomia della persona, la sua capacità di decisione e di scelta, (….), si designa anche come forma ostile che circola nell’aria, e che insidia inibendo e costringendo[1]

E’ questa la definizione che ne dà De Martino, in cui si evince tutta la potenza dell’essere agito-da che si manifesta nell’immagine dell’attaccatura. 
I sintomi che individuano questo fenomeno sono la cefalgia, sonnolenza, spossatezza, rilassamento, ipocondria, e sensazione di essere dominati da una forza indomabile. 
Nel momento in cui la fascinazione agisce vi è sempre una vittima e un soggetto fascinatore, che può essere umano o può manifestarsi attraverso un cerimoniale definito. 
Nel momento in cui questa dominazione invade completamente la personalità dell’individuo a quel punto non si parlerà più di fascinazione ma di possessione. 

De martino precisa che la fascinazione “non ha a che fare con forze magiche in senso stretto, ma con fatti, che appartengono alla sfera naturale e profana”, da questo punto di vista essa è legata strettamente al pensiero greco e più precisamente alla tradizione sensistica e materialistica democritea, secondo cui si ha la fascinazione nel momento in cui piccole particelle o emanazioni, cariche di una grande malignità, attaccano la vittima provocando dei cambiamenti sia nel corpo che nell’anima. 

Oltre alla filosofia democritea, in Grecia, si credeva nel potere dello sguardo che poteva influire negativamente o positivamente e quindi nel malocchio che prende il nome di “baskània” o “guardare storto” che illustra perfettamente Plutarco nelle “Questioni conviviali”. 

Anche nel mondo romano l’ideologia della fascinazione è ben presente e si racchiude in episodi come “oculi magni”, “invidi”, obliqui urentes”. 
I Romani non fanno una netta distinzione tra l’invidia , come sentimento e difetto morale, e il malocchio che nell’interpretazione antropologica è un momento di folclore. Essi considerano l’invidia come forza e potenza infernale da cui ci si doveva proteggere con particolari pratiche magiche. 
Ad esempio il gesto di fare le corna oppure portare un piccolo amuleto con quella forma arriva proprio dalla tradizione Greca e Romana, esse avevano tre funzioni: una protettiva verso gli spiriti avversi, propiziatoria di fecondità e benessere, apotropaica perché allontanavano il male. 
Il simbolismo e la metafora di queste pratiche si riscontrano in molte regioni italiane ma soprattutto nel meridione. 
Se fino al periodo Romano il fascino è visto come un elemento naturalmente presente in natura e nella società, con il Medioevo il fascino assume una connotazione demonologica, legato al mondo della magia nera che la chiesa cerca di reprimere molto spesso con la violenza. 
Per tanto in questo clima di caccia alle streghe, in cui tutti per qualsiasi motivo potevano essere accusati di intrattenere rapporti con il demonio, anche la fascinazione perde il suo carattere di condivisione tra la popolazione. 
Soltanto nel periodo rinascimentale abbiamo alcuni scritti come quelli di Bacone, che dal concetto di invidia, di fascino arriva alla concezione della jettatura, essa nasce da un compromesso razionale tra il pensiero illuminista e concezione animistica. 
Bacone nel saggio “De invidia” afferma che la superstizione è in relazione con l’invidia. Non esiste alcuna emozione in grado di fascinare o di ammaliare, a eccezione dell’amore e dell’invidia, (…), si rivelano facilmente attraverso gli occhi, in particolar modo in presenza di oggetti che inducano alla fascinazione. 

E’ dopo il rinascimento che si afferma il concetto di jettatura, in stretta connessione con l’illuminismo napoletano. 
Fascino e jettatura non sono completamente uguali, perché quest’ultima è una qualità negativa innata e incontrollabile di influssi malevoli. 
I soggetti colpiti dallo jettatore sono soprattutto i bambini, le donne in gravidanza cioè le stesse “vittime” che identifica De martino nella fascinazione. 
La jettatura nasce in qualche modo per attribuire qualche carattere di razionalità al fascino. 
De martino individuerà nella figura dello jettatore un individuo che cerca disordine a livello sociale e morale. 
Il modo di pensare alla jettatura è più razionale rispetto al fascino, infatti De martino la vede come una formazione di compromesso. 
La fascinazione quindi si intreccia con l’invidia e la jettatura, non sempre queste tre accezioni si distinguono le une dalle altre, molto spesso si confondono. 
Il fascino nasce dall’invidia individuale che può propagarsi per tutta la comunità e la jettatura è la concezione illuministica del fascino stesso ed è involontaria rispetto alla magia, perché tramite il fascino non è necessario praticare riti magici per nuocere. Quindi quando si parla di fascinazione si parla di tutto questo insieme di credenze, con una leggera differenza, nel momento in cui essa si determina attraverso una persona invidiosa del bene altrui si chiama malocchio o invidia. 
Nella fascinazione invece, si può oscillare tra l’assenza dell’intenzione malevola fino alla fattura a morte fatta intenzionalmente per uccidere. 
Il fascino presente in Lucania è un qualcosa generato dall’invidia più o meno consapevole. 
La differenza si riscontra proprio nella linea sottile e sfumata nella volontà del nuocere. E’ proprio questa linea a marcare un confine tra la fascinazione e la magia propriamente detta, mentre la prima rientra nella sfera della non volontarietà, la seconda in quella della volontarietà. 
Quando De martino compie le sue spedizioni in Lucania oltre a fare un resoconto etnografico, cerca di dare una spiegazione del fenomeno in chiave psicologica ed etnopsichiatrica. 
Essere “affascinati” per un soggetto che si trova in una condizione di fragilità delle presenza comporta delle crisi a livello psicologico o psicosomatico che colpisce il singolo ma si estende all’intera comunità. 

Attraverso le pratiche magiche la crisi della presenza viene scongiurata e ciò consente di stare nella storia “come se non ci stesse”. 

Oltre a De martino che ha fornito le basi dell’interpretazione del fenomeno fascinazione, un altro autore Roberto Ausilio si è impegnato in questo verso e nel suo libro “Fascino che vai per la via “ raccoglie altre ricerche che riguardano questo fenomeno. 
Egli riporta la descrizione della fascinazione da un punto di vista psicoanalitico che si connette con i diversi stadi dello sviluppo dell’individuo. 
Quindi essa potrebbe creare una suggestione, cioè rende l’individuo predisposto ad accogliere, sempre a livello psichico, le disgrazie indebolendo così la propria presenza. Sia che il fenomeno della fascinazione venga visto da una prospettiva antropologica, sia da una psicologica, si arriva alla conclusione che la fascinazione sia oggi e che in passato è un fenomeno che permette agli individui di affrontare eventi negativi che in realtà non sarebbero accettabili per la loro esistenza, riconducendo le cause del negativo su un piano mitico-rituale, solo in questo modo si ha una reintegrazione psicologica dell’individuo. 

Il negativo ad esempio si materializza nella persona dello jettatore o di un oggetto per avere maggior controllo su di esso. 

Attraverso il rituale della fascinazione, la comunità offre dei metodi e metaforici per risolvere la crisi.



[1] De Martino E.,Sud e magia, Milano, Feltrinelli, 1982, pag.8.