sabato 14 dicembre 2024

LA FELICITÀ CHE RESTA DI MARIANGELA VALLINOTO RACCONTA POLICORO 10a P POLICORO 2024 12 14

 LA FELICITÀ CHE RESTA 
DI MARIANGELA VALLINOTO
 
RACCONTA POLICORO 10a PUNTATA
POLICORO 2024 12 14



LA FELICITÀ CHE RESTA 
Correva l’anno 1973 e precisamente Dicembre 1973, quando io di appena 2 anni con la mia famiglia papà, mamma e mio fratello Nicola, da Via Bari ci trasferimmo allo Zuccherificio. Era l’anno dell’”Austerity”, quando a causa della crisi petrolifera venne imposto il divieto di circolazione nei giorni festivi dei mezzi privati, misure che incisero sulla vita quotidiana, sia pure per un periodo limitato.
A Policoro, lo Zuccherificio iniziò la sua attività di produzione nel 1954 con l'impiego di 50 operai specializzati fissi, provenienti in gran parte dal nord e di oltre 300 operai stagionali, assunti nel periodo di lavorazione della barbabietola da zucchero.
Questa grande struttura, ha segnato per oltre trent’anni la storia produttiva di Policoro. L’Ente di Riforma, prima ancora di far partire a regime lo stabilimento, avviò in collaborazione con il gruppo Ferrero la coltivazione sperimentale della barbabietola da zucchero nella pianura Jonica
Andammo ad abitare allo Zuccherificio perchè papà iniziò a lavorare lì, e a noi così come ad altri operai, diedero la possibilità di abitare nelle case di proprietà dello stabilimento.
La nostra casa era molto grande, il soggiorno aveva due porte, la camera da letto con due finestre ed era talmente grande che una volta ci festeggiammo il mio compleanno. Non c’erano i termosifoni, per l’acqua calda avevamo lo “scaldabagno” e per riscaldarci d’inverno avevamo la stufa a legna e a Kerosene, che papà andava a comprare da Z’ Titt ed io lo accompagnavo, sperando che Z’ Titt ne facesse versare un po' fuori dalla tanica….. quanto mi piaceva quell’odore di Kerosene!
Sotto casa, a piano terra, c’era il laboratorio analisi, e mia madre regalava loro sempre i primi frutti raccolti nel nostro giardino.
Accanto a noi abitavano altre 2 famiglie, ed io essendo la più piccola ero anche la più coccolata, ero la loro “Mariangluzz”, e guai a chi mi toccava!
Ci conoscevamo tutti, eravamo una piccola comunità, eravamo l’immagine del vivere di lavoro, ma anche di tradizioni e di esperienze uniche. Abbiamo condiviso momenti di difficoltà e di gioia.
Ogni famiglia aveva un pezzettino di terra da poterci fare un orticello e papà in quel piccolo terreno, ci piantò di tutto, alberi da frutto, ortaggi, avevamo conigli, galline e che felicità quando papà mi diceva di andare a vedere se le galline avevano fatto l’uovo!
Un brutto momento impresso nella mia mente fu il terremoto del 23 novembre 1980. Eravamo a Nova Siri a casa di mio zio Carmine, in tarda sera quando tornammo a casa, passammo la nottata a dormire nella nostra baracca di lamierato, dove lì facevamo il vino, la salsa, succhi di frutta e tante altre provviste per l’inverno.
Il nostro divertimento? embè era quello di scendere in strada subito dopo aver fatto i compiti, in strada a giocare a pallone, a palla prigioniera, campana a nascondino e tanti altri giochi e la raccomandazione delle mamme era quella: “gioca e ti raccomando non sudare”, si giocava fino a tarda sera.
A scuola ci accompagnava il grande Cosimo Maramarco, con la sua mitica 131 azzurro metallizzato, la mattina tutti pronti, con grembiule blu, colletto a chiacchierino rigorosamente inamidato, che ancora conservo gelosamente, creato dalla mia mamma, cartella di cartone e tutti in orario per andare a scuola. Io e la mia amica Mariella seduti davanti e gli altri ragazzi più grandi dietro.
Su Mariella potrei scrivere un altro racconto, amica da sempre. Casa mia era la sua e casa sua la mia. La mia prima amica, amicizia che dura da 50 anni, fatta di tanti ricordi, esperienze condivise e momenti indimenticabili.
D’estate lo zuccherificio si popolava tanto, iniziava la campagna della barbabietola, il profumo della melassa inebriava l’aria, per poi essere accompagnata dalla fatidica sirena che annunciava il cambio turno ed io davanti alla portineria aspettando che il mio papà uscisse. Davanti casa avevamo la fila dei camion in attesa del loro turno per lo scarico delle barbabietole.
D’estate spesso i miei nonni da Taranto venivano a trascorrere un po' di giorni a casa nostra, arrivavano con la “littorina”, ed io ad attenderli al ponticello di casa.
Anche l’albergo lo Jonich si popolava di tanta gente, tra operai e camionisti o solo passanti che si fermavano per riposarsi un po'. Tra le persone che lavoravano all’albergo ricordo con immenso affetto Maria Stigliano. Maria che da Policoro raggiungeva l’albergo a piedi, quando passava da casa mia mi portava con lei nei giorni in cui doveva stirare lenzuola, tovaglie e tovaglioli con quel grande rullo, che a me piaceva molto.
In casa non avevamo il telefono “fisso” e per chiamare i miei nonni a Taranto andavamo a telefonare allo Jonich, al telefono a scatti ed io ne approfittavo per giocare un po' a flipper.
Che bei ricordi……., quanto darei per rivivere quei momenti…
Ripercorrere le strade dello zuccherificio, quando la sera dopo cena, noi “zuccherini” ci riunivamo tutti per passeggiare.
A raccontare gli anni della mia adolescenza mi si riempie il cuore di gioia.
Tornare a Policoro dopo la laurea, nonostante le opportunità di lavoro altrove, ha significato voler rimanere vicino alla mia famiglia, ai miei amici e continuare a vivere in una città che mi ha formata e che sento davvero mia.
Spero che questo mio racconto abbia contribuito a far rivivere, anche solo per un attimo, gli anni trascorsi, quei momenti che il tempo non cancella mai davvero, ma che continuano a vivere nei ricordi di chi li ha vissuti.
In queste poche righe ho raccontato un po' la mia infanzia vissuta allo zuccherificio, un’infanzia di amicizia, felicità e convivialità, dove ogni giorno si scriveva un nuovo capitolo.
Grazie a Cosima e Carmela per la foto della loro cara mamma, ma soprattutto grazie ai miei genitori per avermi trasmesso quei valori su cui ho costruito il mio percorso di vita, principi fondamentali per affrontare le sfide quotidiane e le scelte che rispecchiano chi sono veramente.
𝐌𝐚𝐫𝐢𝐚𝐧𝐠𝐞𝐥𝐚 𝐕𝐚𝐥𝐥𝐢𝐧𝐨𝐭𝐨













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