sabato 6 febbraio 2021

MAGIA E RELIGIONE POPOLARE di Conte Maria Grazia 2021 02 06

MAGIA E RELIGIONE POPOLARE 
di Conte Maria Grazia 
Dott.ssa in antropologia 
2021 02 06

                                        Fototeca Gilardi. Processione delle Cénte (Matera)

Un ulteriore elemento che favorisce il perdurare delle pratiche magiche è il rapporto con la religione. 
Per religiosità popolare si intende una sorta di culto tra religiosità ufficiale e tradizioni pagane. Essa è comunemente definita come religiosità e tradizionale folcloristica tipica delle classi povere sfornite di una adeguata formazione teologica. Coloro i quali praticano questa forma di religiosità manifestano il proprio credo attraverso feste, pellegrinaggi, racconti di miracoli e uno stretto rapporto personale con i Santi ai quali si chiedono delle grazie, una volta ottenute essi vengono ripagati con donazioni di oggetti di oro, denaro e doni ex-voto simbolo della guarigione ottenuta. Magia e religiosità popolare hanno in comune la capacità di rassicurare dalle incertezze della vita e da quel negativo che è costantemente presente.


Di folklore ne parla Gramsci, a cui De Martino si ispirerà, nei Quaderni dal carcere, dove lo definisce “concezione del mondo e della vita”, implicita in grande misura, di determinati strati (determinati nel tempo e nello spazio) della società, in contrapposizione (anch’essa per lo più implicita, meccanica, oggettiva), con la concezione del mondo <<ufficiale>> che si sono succedute nello sviluppo storico[1].

Lo vede come un prodotto di dinamiche storiche in relazione al progetto di egemonia culturale delle classi dominanti. Non è solo un insieme di sopravvivenze, ma per il solo fatto che si contrappone alla cultura dominante esprime tutta una serie di innovazioni. 

De Martino si rifà a questi scritti per descrivere la vita magica e religiosa del mezzogiorno non considerandoli come elementi di mentalità primitiva ma va rintracciato nel rapporto tra il livello egemonico e subalterno. Egli vede in questi aspetti un aiuto ideologico all’oppressione ideologica di classi subalterne e un modo per creare un risveglio morale degli stessi. 

De Martino parla di sincretismo pagano-religioso che in qualche modo viene anche gestito dalla chiesa, la quale aveva intuito che recitando storie cristiane nei riti pagani serviva in qualche modo a sostituire gradualmente le credenze pagane. De Martino sostiene questa tesi affermando che “il momento magico non è il limitato alla bassa magia cerimoniale e non sta in assoluto isolamento rispetto al resto della vita culturale, ma si articola in raccordi e formazioni intermedie che concernono il cattolicesimo popolare e le sue particolari manifestazioni magiche meridionali sino al vero e proprio culto cattolico[2]”.

A testimonianza di ciò si osserva che tutte le formule magiche richiamano episodi evangelici e vicende di Santi. Quasi tutte contengono il tipico modulo dell’esorcismo, cioè in nome della trinità si ordina all’entità malefica di abbandonare il corpo del posseduto o del malato, oppure vengono raccontati episodi in cui un Santo vero o fantastico ha sconfitto in un tempo mitico quella malattia. 

Un esempio si evince da una formula raccolta ad Accettura da un contadino sessantenne. Tale storia era una delle tante versioni utilizzate e tramandate nel territorio lucano, era usata per far passare il dolore di ventre. 

L’informatore riporta proprio la storia del Santo da cui si origina questa formula magica. San Martino arrivò dalla Francia in Italia come un pellegrino e trovò rifugio in casa dei due sposi. Il marito era molto gentile e buono a a differenza di sua moglie molto cattiva che non diede al Santo neanche un letto per dormire, anzi bagnò con dell’acqua la terra dove il Santo doveva dormire. La donna fu punita dal signore con un terribile mal di ventre ma San Martino preso dalla compassione la guarì. 

Tutte le formule prima di essere pronunciate sono accompagnate da segni della croce tracciate sia sul malato sia sull’operatore e seguite dal Pater e dall’Avemaria. L’elemento non cristiano si ritrova nell’atto, cioè nella fiducia che quell’atto possa portare ad un esito positivo. 

Anche nella pratica religiosa c’è qualche elemento magico, ad esempio nell’ex opere operato[3] dei sacramenti in cui subito dopo aver recitato la formula c’è subito un effetto immediato. Tra le critiche mosse a questo concetto demartiniano vi è che il limite della sua concezione di religione popolare si ritrova nell’accento sul magismo come negativo dell’alta cultura, come fenomeno limite e non sulla cultura tutta intera, delle classi subalterne, sull’analisi dei bisogni, delle aspettative e delle concezioni del mondo che essa segnala[4]. Ci si basa solo sull’esperienza magico rituale che è un piccolo aspetto del fenomeno e in più il tutto è interpretato attraverso categorie psicologiche. 

Anche Carlo Prandi, come riporta il Lanternari, sostiene che De Martino privilegia nella società solo degli aspetti residuali che lo conducono a vedere nella religione popolare un insieme di persistenze arcaiche che esprimono solo una profonda miseria psicologica priva di elementi tematizzabili. 

In Lucania, in Italia e anche in altri paesi cattolici sono rintracciabili dei sincretismi magico-religiosi, non si tratta solo di un impoverimento della religione cattolica, perché in realtà questa dicotomia religione  popolare/ufficiale non la ritroviamo solo oggi ma anche nella società greca e romana. 

Nella società greca i culti misterici, iniziatici e salvifici delle classi popolari si opposero alla religione olimpica dei sacerdoti, oppure nella Roma repubblicana si opponeva la religione di stato agli antichi riti agrari delle classi popolari. 

Di fronte ai culti pagani e alla magia, la chiesa cattolica ha reagito in molti modi per prima cosa con una azione repressiva a volte con tolleranza. Solo nel 1975 abbiamo un ufficializzazione  della religiosità popolare da parte della chiesa nel documento ufficiale EVANGELII NUNTIANDI- Esortazione apostolica di sua Santità Paolo VI. 

Oggi definire il termine di religione popolare è molto difficile, ci troviamo in un epoca in cui la complessità sociale e l’omologazione sociale data dai mass media porta dei problemi. 

C’è una gran quantità di comportamenti religiosi di massa, come i culti carismatici, i maghi guaritori che non tendono molto alla salvezza dell’anima, ma più che altro a un rapporto più diretto con il sacro. 

Molto spesso accostiamo il concetto di religiosità popolare alla povertà culturale, ma non è così perché le classi più agiate nella storia hanno partecipato a queste forme magico-rituali non appartengono solo alla religione del sud arcaico, ma si ritrovano ovunque. Della religione popolare si può dire  che “è una figura fittizia, i cui tratti possono essere desunti unicamente dai contesti storici e in rapporto con tutti gli altri elementi del quadro culturale”.


                                                          

Ernesto de Martino
(Napoli 1° dicembre 1908- Roma, 9 maggio 1965).
Antropologo, storico delle religioni e filosofo italiano.

  


[1] Gramsci. A. Quaderni dal carcere. Vol. 3, Torino, Einaudi, 1975, pag.2311.

[2] Perretti E., Magia e religiosità nella cultura lucana del 900’, Pignola, il portale, 2001, pag. 61-62.

[3]per il fatto stesso di aver fatto la cosa”, nei sacramenti il peccato del ministro non può inificiare il risultato dell’azione sacramentale.

[4] Rivera. A. , Il mago, il santo, la morte, la festa:forme religiose nella cultura popolare, Bari, Ediz. Dedalo, 1988, pag.60.