Nel febbraio del 1849 l'Intendente della Provincia avendo dovuto richiedere alcune informazioni sul conto di due cittadini di Rotondella, ebbe notizia che in quel comune ed in Bollita esisteva una setta denominata "GIOVINE ITALIA" tendente a cambiare la forma del Governo.
Attivata uno corrispondenza tra le autorità onde approfondire i dati, venne
inviato dal Sotto Intendente di Lagonegro un rapporto in data 9 settembre 1849,
con cui si dava, come fatto positivo essersi effettivamente installata tale
setta e che componenti ne erano molti individui.
In seguito a questo rapporto, con disposizione del settembre '49, il
Ministro Segretario di Stato dell'Interno delegava il Commissario di Polizia di
Potenza D. Gaetano Amato, assistito dal Cancelliere D. Michele Gallotti, ad
investigare sopra luogo.
"……ma appena giunto la maggior parte delle persone si diedero in
fuga….coloro potevano darmi degli utili lumi, mi fecero certo, con argomenti
positivi, che Rotondella aveva dei Settari….ma che le riunioni
avvenivano nel Comune di Bollita.
Quindi nella deficienza di ogni mezzo, lungi di recarmi in Bollita,
…..ritenni cosa più facile interrogare in Rotondella le persone di Bollita
"
Dal complesso delle deposizioni di vari testimoni come Vincenzo
Timpone, D. Giovanni Pavese, Giuseppe Carelli, Francescantonio Santarcangelo e
D. GaetanoMaradei che confessarono di aver fatto parte dello setta
stessa risultò che:dopo il 15 maggio 1848, allorché si sviluppava ed era in
movimento la rivolta delle Calabrie, si attivava nel Comune di Bollita una
associazione illecita con vincolo di segreto costituente, la setta
denominata la "GIOVINE ITALIA".
Gli installatori erano stati i fratelli D. Vincenzo e D. Pasquale
Messuti di Amendolara.
Capo con il titolo di Sommo sacerdote D. Giuseppe Pastore.
Gonfaloniere D. Fedele Giannotti e segretario D.
Nicola Santarcangelo.
Le riunioni si tenevano in coso di D. Crispino Falabella, e
qualche volta anche in quella disabitata dello defunta D. Vittoria
Viccari.
Gli adepti vi erano ricevuti prestando, su di un messale aperto , tenendo
nella mano un pugnale la cui punta veniva appoggiata sui piedi di un
crocifisso, giuramento,
- di mantenere fermamente la
Costituzione;
- essere uniti;
- soccorrere i fratelli che
avessero bisogno;
- pagare una somma mensile onde
formare una cassa comune e tutto ciò con il vincolo del segreto
e con i seguenti segni di riconoscimento:
1) Mettere l'indice della mano destra
sulla visiera del cappello o della coppola
2) Stringersi le due destre e farsi la
croce con l'indice sotto il polso
3) Stropicciarsi la fronte con la mano
4) Mettere la mano destra tra i bottoni
del gilè restando piegato al di fuori il dito mignolo
5) Mettere le mani avviticchiate, e
sbadigliare dinotava il bisogno che si sentiva dell'altrui soccorso
6) Stropicciarsi le mani e prendere la
coppola o cappello con furia fissando sempre l'indice come sopra era
segnale di andarsi a riunire e tutti dovevano andare .
A queste dichiarazioni se ne aggiunsero altre, tutte concordi che era cosa
nota l'esistenza della setta in Bollita.
Sebbene si dicesse non avere altro oggetto che quello di garantire le
proprietà minacciate ed anche invase in parte come quelle del Barone Gallotti
ed opporre un argine al comunismo che già si sviluppava, lo scopo prioritario
doveva essere sovvertire il Governo e la dinastia Regnante.
In una cena bandita in casa Falabella con carne offerta dal Barone
Gallotti, alla quale intervennero gli associati, dopo le parole ingiuriose al
Re ed alla Regina, menarono vanto che il legittimo sovrano doveva essere Carlo
Alberto, e che non doveva passare molto tempo che il Re di Napoli, l'Imperatore
d'Austria e il Re dei Francesi Luigi Filippo sarebbero andati a Londra a
giocare la calabresella.
Terminato il banchetto si uscì per le strade cantando, al suono del violino
suonato da D.A. Cospite, il mottetto:
"guè guè guè Carlo
Alberto è il nostro Re"
e l'altro suggerito da D. Fedele Giannotti;
"cantame cantame
tutte Ferdinanne seconde se va a fà futte" .
Il Commissario di Polizia formava una nota dei componenti la setta composta
da 63 persone:
- D. VINCENZO MESSUTI fu NICOLA
sacerdote di AMENDOLARA
- D. PASQUALE MESSUTI fu NICOLA
medico di AMENDOLARA a. 28
- D. GIUSEPPE PASTORE fu
FRANCESCANTONIO sacerdote a. 47
- D. FEDELE GIANNOTTI a. 34
- D.CRISPINO FALABELLA fu TOMMASO
sacerdote di AMENDOLARA
- D. GIAMBATTISTA SALERNO fu
PROSPERO proprietario a. 50
- D. ANTONIO barone GALLOTTI di
MARIO proprietario a. 43
- D. GIUSEPPE DE LORENZO di
RAFFAELE a. 37
- D. DOMENICANTONIO COSPITO fu
GIUSEPPE ANTONIO proprietario a. 30
- D. NICOLINO SANTARCANGELO di
LUCANTONIO a. 30
- D. LUCANTONIO SANTARCANGELO di
VITTORIO farmacista a. 54
- D. GIUSEPPE SANTARCANGELO fu
MODESTO proprietario a. 42
- D.PROSPERO SANTARCANGELO di
LUCANTONIO proprietario a. 28
- D.FRANCESCO STIGLIANO di
GIUSEPPANTONIO sacerdote a. 48
- VINCENZO STIGLIANO Cerchiara
- D.GIUSEPPE STIGLIANO di CARLO
ROCCO a. 51
- D.GIUSEPPE PALAZZO fu FILIPPO
sacerdote a. 40
- D.FRANCESCANTONIO PALAZZO fu
FILIPPO diacono a. 24
- D.DOMENICO PALAZZO fu FILIPPO
proprietario a. 31
- D.GIOVANNI PAVESE fu LEONARDO
anni 45
- D.LEONARDO COSPITO fu PASQUALE
accolito anni 21
- D.FRANCESCO COSTA di G.
BATTISTA sacerdote anni 30
- NICOLA COSTA
- STEFANO SANTARCANGELO fu
MODESTO proprietario anni 46
- CARLO ORIOLO alias CAPODIMONTE
fu GIUSEPPE massaro anni 30
- VINCENZO TRICARICO fu GIOVAN
DOMENICO proprietario anni 53
- NICOLA STIGLIANO
- VINCENZO SORIANO fu GIUSEPPE
contadino anni 42
- GIUSEPPE CHIURAZZO campagnolo
- D.CARLO MUSCETTA di P. ANTONIO
proprietario anni 46
- D.PIERANTONIO MUSCETTA di CARLO
sacerdote anni 25
- GIUSEPPE DE LORENZO alias
CERASELLO
- D.GAETANO MARADEI di GENNARO
sacerdote anni 39
- D.GIUSEPPE MARADEI di GENNARO
proprietario anni 42
- GIUSEPPE CARELLI fu LEONARDO
bottegaio anni 50
- FILIPPO SALERNO fu GIAMPIETRO
barbiere anni 37
- NICOLA TRICARICO fu F. ANTONIO
anni 59
- FRANCESCO TIMPONE
- VINCENZO TIMPONE di ANTONIO
sarto anni 29
- MATTEO PUGLIESE campagnolo
- F. ANTONIO SANTARCANGELO
- CARLO SILVESTRI fu CARLO
proprietario anni 60
- GIUSEPPE PAPAJONNO fu PAOLO
proprietario anni 40
- GIUSEPPE A. VENTIMIGLIA
- FRANCESCANTONIO NOLFI
- D. GIOVANNI NOLFI accolito
- VITO NICOLA SCARANO
- EGIDIO DRAGONETTI
- GIUSEPPE BUONGIORNO
- VINCENZO DRAGONETTI
- GIUSEPPE STIGLIANO alias JONNO
- CARLO ROCCO STIGLIANO
- GIUSEPPE STIGLIANO
- DOMENICANTONIO MONTAGNA
- RAFFAELE LAVOLPE
- EGIDIO SARUBBI
- PRANCESCANTONIO ORIOLO
- DOMENICO CONFORTI
- SAVERIO GIZZI
- VINCENZO SANTARCANGELO
- NICOLA CORBINO fu F. ANTONIO
proprietario anni 41
- NICOLA STIGLIANO
- CARLO STIGLIANO
- FERDINANDO ORIOLO di PASQUALE
anni 46
Di costoro dichiarati gregari nella classifica fatta per effetto
dell'editto NUNZIANTE del 2 gennaio 1850 per i mentovati:
- FILIPPO SALERNO
- NICOLA COSTA
- GIUSEPPE SIIGLIANO alias JONNO
- EGIDIO SARUBBI
- GIUSEPPE CARELLI
- FRANCESCO TIMPONE
- VINCENZO TIMPONE
- P.ANTONIO ORIOLO
- VITO NICOLA SCARANO
- GIUSEPPE DE LORENZO
- VINCENZO STIGLIANO
- EGIDIO DRAGONETTI
- VINCENZO DRAGONETTI
- NICOLA STIGLIANO
- CARLO GUIDA
- F.ANTONIO SANTARCANGELO
- VINCENZO SANTARCANGELO
- D.ANTONIO CONFORTI
- CARLO STIGLIANO
- MATTEO PUGLIESE
- C. ROCCO STIGLIANO
- G.ANTONIO VENTIMIGLIA
- GIUSEPPE BUONGIORNO
- RAFFAELE LAVOLPE
- F.ANTONJO NOLFI
- GIUSEPPE CHIURAZZO
- SAVERIO GIZZI
- 57 D.ANTONlO MONTAGNA
si dichiarò arrestato ogni ulteriore procedimento penale in forza del Real
Prescritto del 10 aprile 1850 con deliberazione dello G. Corte del 22 maggio.
In quanto agli altri, oltre le dichiarazioni dei citati testimoni ricevuti nella setta, che sulle prime avevano, tranne il Pavese, negato quanto avevano dichiarato nella prima deposizione in seguito o carcerazione, lo ratificarono, giustificandosi di aver detto il falso per le minacce ricevute, molte oltre danno per certo e notorio essere affiliati alla GIOVINE ITALIA.
Quella di D.G. Pastore Cancelliere Sostituto del Giudicato di Rotondella che disse: "Verso la fine di maggio del 1848 essendomi recato in Bollita con il giudice di questo circondario signor Faucchier, onde istruire un processo, giunto in Bollita osservai un fermento nella bassa gente, la quale domandava la divisione di talune terre Comunali e il giudice perchè incaricato dal signor Intendente di calmare quella popolazione nelle pretese, vi si occupò di proposito.
Riunito il popolo nella piazza cercò di persuaderlo con buone maniere onde si fosse astenuto da qualche atto arbitrario mentr'egli si sarebbe adoperato presso l'Intendente per la regolare divisione delle terre stesse.
Invitato in casa Falabella che rimaneva all'ultimo del paese e su la strada atta a passeggiare, con il pretesto di un caffè vi trovai moltissime persone sia galantuomini che contadini.
Mi si faceva conoscere la necessità di dover stare uniti e venivo invitato
a prestare il giuramento al quale rifiutai uscendo subito da quella casa
".
Dalle dichiarazioni di D. Emanuele Stigliano emerge che nel dì 30 maggio, il Giannotti voleva mobilitare la Guardia Nazionale che esortava a partire per Campotenese visti gli ordini pervenuti da Potenza.
Al Giannotti si addebitava tra l'altro di arruolare a forza le persone a far parte della setta minacciando coloro che si rifiutavano e che aizzò il popolo ad andare a raccogliere le olive ancora immature nella piantata del duca Crivelli.
Inoltre si sosteneva che, dopo l'arrivo di una lettera da Potenza, il
Gianotti e D. Nicola Santarcangelo ed altri, leggendola applaudisse gridando
"non abbiamo più
Re, Intendente e Autorità siamo tutti noi"
che nel palazzo Falabella hanno tenuto nascosto un uomo con lunga barba,
veduto da Cataldo Gizzi.
Da più parti si congetturò che potesse essere Mauro o Petruccelli .
Richiedendosi la mobilitazione di una parte della Guardia Nazionale non
mancò qualcuno che in parole e non di fatto si offriva volontariamente a
marciare.
La maggioranza però ne fu contraria.
Parecchi membri del Comitato proposero e risolsero con unanimità di voti di non convenire l'invio della Guardia Nazionale, poiché il paese ne aveva bisogno essendo vicino a Policoro il cui bosco era spesso ingombrato da malfattori.
Fu questa una giudiziosa escogitazione adottata per eludere i pravi
proponimenti della demagogia.
Quindi non si verificò nessuna mossa per la requisizione della armi,
fabbrica di polvere da sparo ed impedimento di fondi Regi.
La fondiaria venne "attrassata" per un solo bimestre e
l'imprestito forzoso fu volentieri corrisposto.
Era giunta un'altra circolare con la quale si ingiungeva l'obbligo ad ogni
Comune di mandare un delegato.
Il giudice Faucchier di Rotondella che si era formato un forte partito di seguaci, fu da costoro eletto a quell'uopo, obbligandosi tutti di corrispondere alle spese della sua missione.
Tuttavia per opera dei "buoni" restò tutto un progetto e si abbandonarono le proposte,chiamando a sè le Autorità del Circondario (tra le quali conveniva pure il signor Spanò qual capo della Guardia Nazionale che ne ignorava il fine) per far venire dei Calabresi nel Circondario di Rotondella onde agevolare la comunicazione delle Puglie.
Dopo la disfatta di Campotenese pervenne altresì in Bollita il virulento memorandum di Rotondella, che fu respinto, e si leggeva più per curiosità che per darvi esecuzione.
Gli arrestati all'unanimità dissero: che i galantuomini si riunivano da sempre per giocare a carte e passare il tempo, e attualmente per difendersi dal Comunismo che ferveva in questo paese precisamente contro D. Antonio Gallotti che soffrì molti danni alle proprietà, con un furto violento, con l'incendio, con guasti e danni di ogni sorta e che veniva minacciato pubblicamente della vita e nell'onore quale attaccato al Real Governo.
Prima del 1848 egli esercitava la Carica di Capo Urbano, che gli venne
tolta perché non era uomo del progresso.
Tutti gli imputati nei verbali dichiararono che le accuse contro di loro
erano state ordite da:
D. Vincenzo Santalucia e nipoti D. Carlo e
D. Florenzo
D. Emanuele Stigliano e figlio
Giovanni Oriolo e il fratello Ferdinando
perché non vollero acconsentire al di loro criminoso disegno del comunismo.
Credendo in tal modo di arricchirsi e soprattutto per inimicizie personali.
Inoltre aggiunsero che si mandavano biglietti la notte per le diverse case
dei cittadini per fare una guardia di comunisti e ci riuscirono.
Si fecero buttare i bandi la notte, per smuovere il popolo agli eccidii ed
alla rapina.
Nel maggio e giugno del '48 quasi ogni sera si riunivano i contadini in gran numero sulla piazza e minacciavano di dover nella notte uccidere coloro che si opponevano al comunismo, e questi erano gli imputati.
Tanto che una sera li sciolse don Vincenzo Battifarano come II° tenente
della Guardia Nazionale.
Una domenica una quantità di cittadini obbligarono l'agrimensore D. Francesco Stigliano con pagamento di andare a dividere i terreni appartenenti ai signori Gallotti e Salerno che erano i principali proprietari del paese e che già avevano subito delle usurpazioni in contrada Marina e S. Nicola.
La Gran Corte a voti uniformi il 29 ottobre 1850 dichiarò in legittimo
stato di arresto:
D.ANTONIO GALLOTTI
D.FRANCESCO COSTA
D.PIETRO ANTONIO
MUSCETTA
STEFANO SANTARCANGELO
VlNCENZO SORIANO
D.LEONARDO COSPITE
D.DOMENICO PALAZZO
D.CARLO MUSCETTA
D.FRANCESCANTONIO
PALAZZO
D.PASQUALE MESSUTI
D.DOMENICO ANTONIO
COSPITE
Ordinò spedirsi mandato
di arresto contro:
D.FEDELE GIANNOTTI
D.VINCENZO MESSUTI
D.GIUSEPPE PASTORE
D.CRISPINO FALABELLA
D.G. BATTISTA SALERNO
D.GIUSEPPE DE LORENZO
D.LUCA SANTARCANGELO
D.PROSPERO SANTARCANGELO
D.GIUSEPPE STIGLIANO
D.GIUSEPPE PALAZZO
D.FRANCESCO STIGLIANO
Dichiarò non esservi
luogo a procedere contro:
D.GlOVANNI PAVESE
D.GAETANO MARADEI
GIUSÈPPE STIGLIANO fu
CARLO ROCCO
ed ordinò di scarcerare
il suddetto D. GIOVANNI PAVESE.
Riserbò le opportune
provvidenze in qualunque parte del giudizio per
NICOLA TRICARICO, CARLO
SILVESTRI, D. GIOVANNI NOLFI, NICOLA CORBINO e FERDINANDO ORIOLO.
Osservando l'elenco dei componenti la setta in Bollita si nota una
minoranza di galantuomini il cui loro prioritario interesse era quello di
salvaguardare le loro proprietà.
Erano riusciti a convincere molto gente del ceto popolare ad unirsi a loro
per difendersi dai ribelli calabresi che stavano per invadere quel territorio.
Notizia tendenziosa ma che in un primo momento riuscì allo scopo.
Anche se generalmente finiva con l'immiserirsi in beghe e contrasti
locali,l'associazione utilizzava sempre alcune persone che con le loro idee
fungevano da lievito in seno ad essa e riuscivano a far ricredere e partecipare
nel giusto modo posponendo ciò che li aveva indotti ad associarsi, anche quelli
più restii.
La repressione dei moti liberali del 1848, che come scrisse il Mondaini:
"persecuzioni che
avevane gettato per anni lo sgomento ed il terrore….
desolando interi paesi della regione, Potenza in primo luogo e poi in modo
speciale
Calvello, Laurenzana, Anzi, Albano, Bollita…."
e la estromissione alla vita cittadina di quegli elementi arrestati per la
loro adesione alla Giovine Italia costrinsero le amministrazioni comunali a
includere nelle liste degli eleggibili anche elementi della media e piccola
borghesia, che inavvertitamente si trovarono sia pure in posizione di
inferiorità a far parte della classe dirigente.
Costretti all'esilio e arrestati i maggiori esponenti del movimento
liberale, l 'entusiasmo che aveva accompagnato e caratterizzato il 1848 fu
soltanto un ricordo che tutti avrebbero preferito dimenticare.
Soltanto i giovani avviati agli studi universitari o alla carriera
ecclesiastica sentirono acceso il bisogno di lottare per la conquista di
maggiori libertà politiche.
Essi però, limitavano la propria attività, come coloro che erano bloccati
nel paese,perchè sorvegliati politici.
Questi sfuggendo talvolta alla vigilanza cui erano sottoposti, erano in grado soltanto di organizzare un'azione cospirativa che anche se non poteva dare eclatanti risultati, ricuciva le ferite gettando le basi per qualcosa di più solido ed attivo.
Accese, il fuoco nelle anime non si spense più, covò sotto le ceneri.