ROTONDELLA
MADRE: LA TUA LACRIMA D'AMORE
lirica lucana di Domenico Friolo.
ROTONDELLA 2021 01 27
Mamma,
con dignità,
dopo avermi
abbracciato e baciato
mi guardasti negli occhi:
io guardai nei tuoi:
la nostra amarezza
era evidente.
Con dignità ti girasti
nascondendomi
una lacrima furtiva
scivolare sul tuo viso.
Il conducente della corriera pronunciò:
Signori, si parte ! E` fu il distacco.
Ero piccino, non sapevo di viaggi...
Era il primo che affrontavo.
Sradicato dal mio mondo,
mi avviai verso l'ignoto,
ricordo, mi incollai al finestrino,
osservai, trovando ciò interessante.
Mi fu inspiegabile la parvenza
che alberi posti ai bordi
della rotabile fossero più veloci
di quelli posti più lontano.
Tutto sembrava rincorrersi,
poi, con la mia piccola mano
ben stretta a quella di mia sorella,
giungemmo a Metaponto.
Dal bus passammo al treno
che ci avrebbe portato a Potenza.
Non finirono le sorprese
viaggiavamo più veloci,
venivo sballottato: sussultando,
venivo spinto in avanti
quando il treno rallentava,
mi infastidiva quel latrare di freni.
Ci fermavamo a tutte le stazioni,
erano tutte simili: piccole, solitarie...
ravvivate dai vivaci colori dei rododendro,
il treno ripartiva nell' illusione infantile,
che, a partire, fossero le stazioncine
del Basento, o altri treni, in realtà fermi.
Andando avanti il paesaggio cambiò,
la valle fu imprigionata, stretta da irti pendii.
Poi si fece buio e nei vagoni
si accesero le luci, per me fu strano:
eravamo in pieno giorno e non capivo
quell'alternarsi di chiarore al buio.
Confuso, mi chiedevo del perché, sembrava
fosse già notte, di cosa stesse succedendo,
Perché fu nuovo giorno troppo rapidamente,
mi guardavo intorno interdetto e confuso.
Colsi su di me, gli sguardi di altri passeggeri.
Sguardi sciocchi, ironici, che non sopportai,
non mi piacquero, nervoso volevo sfuggire
da quegli sguardi balordi ed immeritati.
Non risparmiai un epiteto ad un tale.
Poi mia sorella, notando il mio disagio,
mi venne in soccorso, mi disse delle gallerie
spiegandomi gli effetti, l'alternarsi delle luci.
Infine giunsi a Potenza con ancora negli occhi
le immagini dei tanti paesini appollaiati
sulle colline e sulle rupi, del corso del Basento:
delle piccole dolomiti, della magra terra lucana.
Vi erano due stazione grandi, nel capoluogo
e alti palazzi, tanta gente frettolosa, tante auto,
giovani studenti ben vestiti, la città mi era nuova,
intanto giungemmo a casa in via Angilla Vecchia.
Osservavo deluso, fuori non c'era il mare,
ma solo orizzonti monotoni, montani.
Poi venne sera ed ero scontento,
mia sorella, premurosa, mi mise a letto.
Prima di addormentarmi pensai a mia madre:
~ La chiamai con la voce silente del cuore ~
ed iniziai a ripassarne il volto, la voce,
la dolcezza, rivedevo le sue tiepide braccia
mentre mi teneva amorevolmente
ben stretto abbracciato al suo seno.
ripassavo quella sua lacrima
che voleva nasconde prima che io partissi.
Poi formavo un pensiero per lei:
~Mamma, ti voglio bene, ma tanto bene ! ~
Il destino, da triste, divenne penoso, greve.
Ci separò, fui relegato al ricordo di te, mamma.
Oggi, mentre scrivo, una lacrima scivola,
bacia e indugia tra le mie rughe: bagna la breve
vita vissuta con il tuo grande amore materno
spezzato e rimasto come spina nelle mie vene.
Ora nell'amore soffuso che mi reca il ricordare
ciò che mi donasti quando ero piccino,
quell'amore che ha sempre reso vana
anche la tua precoce morte, madre mia.
TROPPI I FIGLI DELLA LUCANIA SONO ANDATI VIA DA QUESTA TERRA.
TROPPE SOFFERENZE STRUGGENTI HANNO ATTANAGLIATO CHI È DOVUTO ANDARSENE: OVVERO, QUEI FIORI, FIGLI DELLA LUCANIA.
AI POSTERI, QUESTA MIA POETICA TRISTE LIRICA, AFFINCHÉ NEL TEMPO NON SI DIMENTICHI LA SOFFERENZA DI CHI È DOVUTO ANDAR VIA.
MA... NON RATTRISTIAMOCI: CHE RULLINO I TAMBURI,
CHE SUONINO LE TROMBE, CHE BALLINO E CANTINO ALLEGRAMENTE I NOSTRI FIGLI.