“I cavrar” sono calderoni o pentoloni in rame che, a seconda delle dimensioni , venivano chiamate: “cavraron” e “cavrar” quelle più grandi, “cavrarot” o “cavrared” quelle più piccole, hanno tutte il fondo concavo, semisferico, a cupola .
Possono essere con un manico unico, ad arco, agganciato alle due estremità della circonferenza, oppure a due manici.
La parte interna della “cavrar” non è perfettamente liscia, ma ha un effetto martellato, a buccia di arancia, in base all’utilizzo che se ne doveva fare, veniva anche stagnata, per evitare la formazione di quell’effetto verdastro chiamato “verderame”.
Venivano posizionate nel camino poggiate su un “trappér” (treppiedi) e poi veniva dato fuoco alla legna sottostante.
Anche “u trappér” era dimensionato in base alla grandezza della “cavrar” e variava sia in circonferenza, sia in altezza, le staffe dei piedi venivano ripiegavano sia all’interno della circonferenza dove poggiava a “cavrar”, sia alla base dei piedi, per poterlo spostare con più facilità.
Nella maggior parte dei camini, durante la costruzione, all’interno della cappa, a circa un metro e mezzo di altezza, veniva posizionata, orizzontalmente, una grossa barra di ferro.
La posizione della barra, variava in base all’apertura e all’altezza della bocca del camino, più alto era il camino, più in alto veniva posizionata.
La funzione di questa barra era quella di mettere in sicurezza la “cavrar” o di metterla sul fuoco senza “u trepper”, per farlo si utilizzava la “camastr”, una catena di grandi anelli, di dimensioni diverse, fornita di ganci, sia per l’attacco alla barra, sia per agganciare il manico o i manici della “cavrar".
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Camastra a un gancio Camastra a due ganci
Cosimo Stigliano