"U CAVRARAR "
Rotondella 2020 01 22
"U cavrarar” era colui che riparava le “cavrar” e anche le pentole di alluminio, periodicamente girava per i paesi, portando con se solo gli attrezzi indispensabili per il suo lavoro.
Non aveva una data prestabilita, quindi, quando arrivava a Rotondella, dava incarico a "carrunc u ietta bann", di avvisare la popolazione.
I rotondellesi, sentendo il banditore che annunciava la presenza “ru cavrarar”, per non correre il rischio di non poter riparare la loro “cavrar” in quel giorno e quindi aspettare la prossima volta, portavano subito ” i cavrar” senza pulirle dalla fuliggine.
Nei miei ricordi di bambino, ricordo che “u cavrarar” si posizionava nella piazzetta antistante la chiesa di Sant’Antonio, in corrispondenza del muro della caserma vecchia (attuale canonica).
Come arrivava, per prima cosa accendeva il fuoco, poi, non avendo un banco da lavoro, cercava delle grosse pietre, che reperiva dai ruderi della caserma vecchia, da utilizzare come piano per la riparazione “ri cavrar”.
Io, abitando lì vicino, andavo spesso ad osservarlo, quella lavorazione mi affascinava, anche perché mio nonno era fabbro e spesso andavo nella sua forgia per assistere alla lavorazione del ferro e, nello stesso tempo, azionavo il grosso mantice per tenere vivo il fuoco.
”U cavrarar” per riparare "i cavrar", metteva un po’ di acqua all’interno, per individuare i fori, se non erano segnati, poi la metteva sul fuoco a riscaldarla, successivamente si sedeva per terra, a gambe incrociate, con in mezzo alle gambe una grossa pietra piatta, infilava la testa nella "cavrar" e incominciava la battitura per chiudere i fori, facendo ruotare "a cavrar" tra le due gambe per tenerla ferma, successivamente faceva la stagnatura, nei punti in cui si era fatta la battitura..
Alcune volte vedevo che la stagnatura veniva fatta per tutta "a cavrar", molto probabilmente, per evitare la formazione di quel colore verdastro chiamato verderame o in base all’utilizzo che se ne doveva fare.
Nella rotazione che “ a cavrar” faceva, strofinando sulle gambe, tutta la fuliggine si attaccava sui pantaloni e sui vestiti “ru cavrarar”, tanto che a fine giornata, era più sporco “u cavrarar” ra “cavrar”.
Da questa situazione è stato forgiato, per usare un termine adeguato al tema, il seguente detto:
U cavrarar ric’r alla cavrar: scost’t cavrar ca m tingh.
La frase “scost’t cavrar ca m tingh” viene tutt’ora utilizzata quando si deve esprimere un giudizio negativo su due persone, messe a confronto, per dire che dei due, l’una non è migliore dell’altra o l’una è peggiore dell’altra.
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