venerdì 26 febbraio 2021

FASCINAZIONE DESCRIZIONE E STORIA di Maria Grazia Conte

FASCINAZIONE
DESCRIZIONE E STORIA 
di Maria Grazia Conte

Policoro 2021 02 26


La fascinazione, in dialetto denominata fascinatura, affascin’ o attaccatur’, è l’espressione principale della bassa magia cerimoniale lucana e tutte le altre forme di magia sono in connessione con essa. 

La fascinazione è “condizione psichica di impedimento e di inibizione, e al tempo stesso un senso di dominazione, un essere agito da una forza altrettanto potente quanto occulta, che lascia senza margine l’autonomia della persona, la sua capacità di decisione e di scelta, (….), si designa anche come forma ostile che circola nell’aria, e che insidia inibendo e costringendo[1]

E’ questa la definizione che ne dà De Martino, in cui si evince tutta la potenza dell’essere agito-da che si manifesta nell’immagine dell’attaccatura. 
I sintomi che individuano questo fenomeno sono la cefalgia, sonnolenza, spossatezza, rilassamento, ipocondria, e sensazione di essere dominati da una forza indomabile. 
Nel momento in cui la fascinazione agisce vi è sempre una vittima e un soggetto fascinatore, che può essere umano o può manifestarsi attraverso un cerimoniale definito. 
Nel momento in cui questa dominazione invade completamente la personalità dell’individuo a quel punto non si parlerà più di fascinazione ma di possessione. 

De martino precisa che la fascinazione “non ha a che fare con forze magiche in senso stretto, ma con fatti, che appartengono alla sfera naturale e profana”, da questo punto di vista essa è legata strettamente al pensiero greco e più precisamente alla tradizione sensistica e materialistica democritea, secondo cui si ha la fascinazione nel momento in cui piccole particelle o emanazioni, cariche di una grande malignità, attaccano la vittima provocando dei cambiamenti sia nel corpo che nell’anima. 

Oltre alla filosofia democritea, in Grecia, si credeva nel potere dello sguardo che poteva influire negativamente o positivamente e quindi nel malocchio che prende il nome di “baskània” o “guardare storto” che illustra perfettamente Plutarco nelle “Questioni conviviali”. 

Anche nel mondo romano l’ideologia della fascinazione è ben presente e si racchiude in episodi come “oculi magni”, “invidi”, obliqui urentes”. 
I Romani non fanno una netta distinzione tra l’invidia , come sentimento e difetto morale, e il malocchio che nell’interpretazione antropologica è un momento di folclore. Essi considerano l’invidia come forza e potenza infernale da cui ci si doveva proteggere con particolari pratiche magiche. 
Ad esempio il gesto di fare le corna oppure portare un piccolo amuleto con quella forma arriva proprio dalla tradizione Greca e Romana, esse avevano tre funzioni: una protettiva verso gli spiriti avversi, propiziatoria di fecondità e benessere, apotropaica perché allontanavano il male. 
Il simbolismo e la metafora di queste pratiche si riscontrano in molte regioni italiane ma soprattutto nel meridione. 
Se fino al periodo Romano il fascino è visto come un elemento naturalmente presente in natura e nella società, con il Medioevo il fascino assume una connotazione demonologica, legato al mondo della magia nera che la chiesa cerca di reprimere molto spesso con la violenza. 
Per tanto in questo clima di caccia alle streghe, in cui tutti per qualsiasi motivo potevano essere accusati di intrattenere rapporti con il demonio, anche la fascinazione perde il suo carattere di condivisione tra la popolazione. 
Soltanto nel periodo rinascimentale abbiamo alcuni scritti come quelli di Bacone, che dal concetto di invidia, di fascino arriva alla concezione della jettatura, essa nasce da un compromesso razionale tra il pensiero illuminista e concezione animistica. 
Bacone nel saggio “De invidia” afferma che la superstizione è in relazione con l’invidia. Non esiste alcuna emozione in grado di fascinare o di ammaliare, a eccezione dell’amore e dell’invidia, (…), si rivelano facilmente attraverso gli occhi, in particolar modo in presenza di oggetti che inducano alla fascinazione. 

E’ dopo il rinascimento che si afferma il concetto di jettatura, in stretta connessione con l’illuminismo napoletano. 
Fascino e jettatura non sono completamente uguali, perché quest’ultima è una qualità negativa innata e incontrollabile di influssi malevoli. 
I soggetti colpiti dallo jettatore sono soprattutto i bambini, le donne in gravidanza cioè le stesse “vittime” che identifica De martino nella fascinazione. 
La jettatura nasce in qualche modo per attribuire qualche carattere di razionalità al fascino. 
De martino individuerà nella figura dello jettatore un individuo che cerca disordine a livello sociale e morale. 
Il modo di pensare alla jettatura è più razionale rispetto al fascino, infatti De martino la vede come una formazione di compromesso. 
La fascinazione quindi si intreccia con l’invidia e la jettatura, non sempre queste tre accezioni si distinguono le une dalle altre, molto spesso si confondono. 
Il fascino nasce dall’invidia individuale che può propagarsi per tutta la comunità e la jettatura è la concezione illuministica del fascino stesso ed è involontaria rispetto alla magia, perché tramite il fascino non è necessario praticare riti magici per nuocere. Quindi quando si parla di fascinazione si parla di tutto questo insieme di credenze, con una leggera differenza, nel momento in cui essa si determina attraverso una persona invidiosa del bene altrui si chiama malocchio o invidia. 
Nella fascinazione invece, si può oscillare tra l’assenza dell’intenzione malevola fino alla fattura a morte fatta intenzionalmente per uccidere. 
Il fascino presente in Lucania è un qualcosa generato dall’invidia più o meno consapevole. 
La differenza si riscontra proprio nella linea sottile e sfumata nella volontà del nuocere. E’ proprio questa linea a marcare un confine tra la fascinazione e la magia propriamente detta, mentre la prima rientra nella sfera della non volontarietà, la seconda in quella della volontarietà. 
Quando De martino compie le sue spedizioni in Lucania oltre a fare un resoconto etnografico, cerca di dare una spiegazione del fenomeno in chiave psicologica ed etnopsichiatrica. 
Essere “affascinati” per un soggetto che si trova in una condizione di fragilità delle presenza comporta delle crisi a livello psicologico o psicosomatico che colpisce il singolo ma si estende all’intera comunità. 

Attraverso le pratiche magiche la crisi della presenza viene scongiurata e ciò consente di stare nella storia “come se non ci stesse”. 

Oltre a De martino che ha fornito le basi dell’interpretazione del fenomeno fascinazione, un altro autore Roberto Ausilio si è impegnato in questo verso e nel suo libro “Fascino che vai per la via “ raccoglie altre ricerche che riguardano questo fenomeno. 
Egli riporta la descrizione della fascinazione da un punto di vista psicoanalitico che si connette con i diversi stadi dello sviluppo dell’individuo. 
Quindi essa potrebbe creare una suggestione, cioè rende l’individuo predisposto ad accogliere, sempre a livello psichico, le disgrazie indebolendo così la propria presenza. Sia che il fenomeno della fascinazione venga visto da una prospettiva antropologica, sia da una psicologica, si arriva alla conclusione che la fascinazione sia oggi e che in passato è un fenomeno che permette agli individui di affrontare eventi negativi che in realtà non sarebbero accettabili per la loro esistenza, riconducendo le cause del negativo su un piano mitico-rituale, solo in questo modo si ha una reintegrazione psicologica dell’individuo. 

Il negativo ad esempio si materializza nella persona dello jettatore o di un oggetto per avere maggior controllo su di esso. 

Attraverso il rituale della fascinazione, la comunità offre dei metodi e metaforici per risolvere la crisi.



[1] De Martino E.,Sud e magia, Milano, Feltrinelli, 1982, pag.8.


BASILICATA ADVENTURE ITINERARIO DEL PESCHIERA 2021 02 28

BASILICATA ADVENTURE 
ITINERARIO DEL PESCHIERA 
Domenica 2021 02 28




domenica 21 febbraio 2021

ROTONDELLA "QUEL MARE SOTTO IL NOSTRO BORGO" di Domenico Friolo Rotondella 2021 02 21

ROTONDELLA
QUEL MARE SOTTO IL NOSTRO BORGO  
di Domenico Friolo

Rotondella 2021 02 21

 


Un racconto poetico di tempi ormai del passato, quando noi di Rotondella d'estate ci recavamo sulla spiaggia del mare Ionio al lido Rivolta.

Ancora prima andavamo al mare di Nova Siri, dove costruivamo baracche con tutto l'occorrente per una lunga estate al mare.

Poi l'avvento della privatizzazione, lasciammo il mare di Nova Siri, per spostarci al lido rotondellese: il nostro caro lido sul nostro mare.

Io, da buon osservatore e dallo scrivere facile, ne riporto momenti raccontando quel passato, con un pizzico poetico e tanta goliarda nostalgia racchiusa in un uomo ormai anziano e distante da questo incontaminato lido marino jonico.

 

 

QUEL MARE SOTTO IL NOSTRO BORGO

Come plasmato in abbozzo, il lido Rivolta,

è il mare nostro, con un arenile immacolato,

offre la riva all'approdo di placide onde

e alla variopinta moltitudine di ombrelloni.

I bagnanti, con timoroso e lento immergersi,

che dà quel respiro con un brivido corporeo

ed il conseguente saltello: una inutile reazione

per sfuggire al giungere del lieve flutto onduoso.

È solo un moto di acqua fresca e cristallina,

trasparente, che svela segreti di riflessi solari

visibili nel fondo del mare dove a cauti passi,

i piedi vengono diretti verso acque più alte.

La volta celeste, rimanda mobili ombre

delle sue nuvole bianche nelle acque dolci

del Pantanello, dove un colubro innocuo

attira e tenta l'attenzione di una gru.

Dopo il bagno in quelle limpide acque,

lentamente, con furtivo andare,

gruppetti di donne confabulano

e attente a non far rumore, svaniscono.

Lasciano la spiaggia nel silenzio,

si addentrandosi negli alti cespugli,

per indossare un costume asciutto,

quello bagnato viene tolto e strizzato.

Gli uomini lo sanno, ma si fingono distratti,

è solo parvenza, celata col fumo di sigaretta

avviluppata alle labbra, hanno lo sguardo che

sembrerebbe puntato su vette ancora innevate.

È il Pollino che si erge maestoso all'orizzonte,

dando spettacolo bianco sotto l'azzurro,

In questo magnifico angolo di mare lucano,

di cui se ne giovano bambini gioiosi e felici.

I piccoli alimentano gli infantili trambustii,

dimenii aggraziati e giocano con dispettose

onde di riva in quel regno di acqua e arena,

i genitori li guardano e vegliano, li consigliano.

Fanno discutere le donne con seni e nasi rifatti,

niente altro che il solito mormorio prezzolato

di opinioni pronte a demolire ritocchi estetici

che donano un bricciolo di bellezza in più.

Un invio di velata invidia femminile di chi,

non può, purtroppo permettersi di altrettanto.

Mentre ragazzi prima imbrigliati dai giochi,

divengono arguti e audaci con le ragazze.

Sotto l'ombrellone, c'è chi curioso osserva,

attratto, più che dalle meraviglie balneari,

dalle belle donne che passeggiano a riva,

annotando a mente e poi, come me, scriverne.

By Domenico Friolo

 


martedì 16 febbraio 2021

A’ livella Rotondellese di Cosimo Stigliano Rotondella 2021 02 16

A’ livella Rotondellese 
di Cosimo Stigliano
Rotondella 2021 02 16

A' livella    La poesia è ambientata in un cimitero, dove il narratore si ferma a guardare la disparità tra due tombe, (l'una sfarzosamente ornata e l'altra miseramente abbellita solo da una croce) ed assiste incredulo al dialogo tra due "ombre": un marchese e un netturbino. Il marchese si lamenta della "vicinanza puzzolente" ma il netturbino perde la pazienza e gli spiega che, indipendentemente da ciò che si era in vita, col sopraggiungere della morte si diventa tutti uguali.

Anche nel cimitero di Rotondella possiamo ambientare la narrazione della Livella di Totò

Troviamo la cappella degli Albisinni famiglia nobile e facoltosa di Rotondella con a fianco la tomba di Guglielmo Manfredi, netturbino di Rotondella.




A Livella di Totò

 Testo originale in lingua napulitana

Ogn'anno, il due novembre, c'é l'usanza

per i defunti andare al Cimitero.

Ognuno ll'adda fà chesta crianza;

ognuno adda tené chistu penziero.

Ogn'anno, puntualmente, in questo giorno,

di questa triste e mesta ricorrenza,

anch'io ci vado, e con dei fiori adorno

il loculo marmoreo 'e zi' Vicenza.

St'anno m'é capitato 'navventura...

dopo di aver compiuto il triste omaggio.

Madonna! si ce penzo, e che paura!,.

ma po' facette un'anema e curaggio.

'O fatto è chisto, statemi a sentire:

s'avvicinava ll'ora d'à chiusura:

io, tomo tomo, stavo per uscire

buttando un occhio a qualche sepoltura.

"Qui dorme in pace il nobile marchese

signore di Rovigo e di Belluno

ardimentoso eroe di mille imprese

morto l'11 maggio del 31"

'O stemma cu 'a curona 'ncoppa a tutto...

...sotto 'na croce fatta 'e lampadine;

tre mazze 'e rose cu 'na lista 'e lutto:

cannele, cannelotte e sei lumine.

Proprio azzeccata 'a tomba 'e stu signore

nce stava 'n 'ata tomba piccerella,

abbandunata, senza manco un fiore;

pe' segno, sulamente 'na crucella.

E ncoppa 'a croce appena se liggeva:

"Esposito Gennaro - netturbino":

guardannola, che ppena me faceva

stu muorto senza manco nu lumino!

Questa è la vita! 'ncapo a me penzavo...

chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!

Stu povero maronna s'aspettava

ca pur all'atu munno era pezzente?

Mentre fantasticavo stu penziero,

s'era ggià fatta quase mezanotte,

e i'rimanette 'nchiuso priggiuniero,

muorto 'e paura...nnanze 'e cannelotte.

Tutto a 'nu tratto, che veco 'a luntano?

Ddoje ombre avvicenarse 'a parte mia...

Penzaje: stu fatto a me mme pare strano...

Stongo scetato... dormo, o è fantasia?

Ate che fantasia; era 'o Marchese:

c'o' tubbo,'a caramella e c'o' pastrano;

chill'ato apriesso a isso un brutto arnese;

tutto fetente e cu 'nascopa mmano.

E chillo certamente è don Gennaro...

'omuorto puveriello... 'o scupatore.

'Int 'a stu fatto i' nun ce veco chiaro:

so' muorte e se ritirano a chest'ora?

Putevano sta' 'a me quase 'nu palmo,

quanno 'o Marchese se fermaje 'e botto,

s'avota e tomo tomo… calmo calmo,

dicette a don Gennaro: "Giovanotto!

Da Voi vorrei saper, vile carogna,

con quale ardire e come avete osato

di farvi seppellir, per mia vergogna,

accanto a me che sono blasonato!

La casta è casta e va, si,rispettata,

ma Voi perdeste il senso e la misura;

la Vostra salma andava, si, inumata;

ma seppellita nella spazzatura!

Ancora oltre sopportar non posso

la Vostra vicinanza puzzolente,

fa d'uopo, quindi, che cerchiate un fosso

tra i vostri pari, tra la vostra gente"

"Signor Marchese, nun è colpa mia,

i'nun v'avesse fatto chistu tuorto;

mia moglie è stata a ffa' sta fesseria,

i' che putevo fa' si ero muorto?

Si fosse vivo ve farrei cuntento,

pigliasse 'a casciulella cu 'e qquatt'osse

e proprio mo,obbj'...'nd'a stu mumento

mme ne trasesse dinto a n'ata fossa".

"E cosa aspetti, oh turpe malcreato,

che l'ira mia raggiunga l'eccedenza?

Se io non fossi stato un titolato

avrei già dato piglio alla violenza!"

"Famme vedé…-piglia sta violenza...

'A verità,Marché, mme so' scucciato

'e te senti; e si perdo 'a pacienza,

mme scordo ca so' muorto e so mazzate!...

Ma chi te cride d'essere...nu ddio?

Ccà dinto,'o vvuo capi, ca simmo eguale?...

...Muorto si' tu e muorto so' pur'io;

ognuno comme a' na'ato é tale e quale".

"Lurido porco!... Come ti permetti

paragonarti a me ch'ebbi natali

illustri, nobilissimi e perfetti,

da fare invidia a Principi Reali?".

"Tu qua' Natale...Pasca e Ppifania!!!

T''o vvuo' mettere 'ncapo...'int'a cervella

che staje malato ancora e' fantasia?...

'A morte 'o ssaje ched''e?... è una livella.

'Nu rre,'nu maggistrato,'nu grand'ommo,

trasenno stu canciello ha fatt'o punto

c'ha perzo tutto,'a vita e pure 'o nomme:

tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto?

Perciò, stamme a ssenti...nun fa''o restivo,

suppuorteme vicino-che te 'mporta?

Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:

nuje simmo serie... appartenimmo à morte!"

domenica 14 febbraio 2021

L'ULTIMO PARADISO Regia Rocco Ricciardulli Musiche di Pasquale Ricciardulli con Riccardo Scamarcio

L'ULTIMO PARADISO
Regia Rocco Ricciardulli
Musiche di Pasquale Ricciardulli 
con Riccardo Scamarcio





Trailer Original Netflix “L’ultimo Paradiso” di Rocco Ricciardulli con Riccardo Scamarcio e Gaia Amaral. 
https://vandam.netflix.com/shares/61c4fb227acf47ca9d5973e130fd0714?assets=27012956




sabato 13 febbraio 2021

Le preposizioni “in, nel, nella, nello, nei, negli e nelle” nel dialetto rotondellese di Pino Pastore

 Le preposizioni 
in, nel, nella, nello, nei, negli e nelle” 
nel dialetto rotondellese 
di Pino Pastore

Rotondella 2021 02 13


 Sempre allo scopo di agevolare chi, per svariati motivi, ha poca dimestichezza con il dialetto rotondellese, di seguito pongo l’attenzione sulle preposizioni “in, nel, nella, nello, nei, negli e nelle” che subiscono variazioni significative rispetto alla lingua italiana.

“nel” e nello” diventano “ndu”

Es.: nel pozzo = ndu puzz, nello zaino = ndu zaìn

Ma se “nello” è seguito da un sostantivo che in dialetto inizia per vocale, diventa “nda con l’aggiunta della particella “d”

Es.: nell’orto = nda dh’òrt, nell’olio = nda dh’ògghj

“nella” diventa nda

Es.: nella stalla = nda stadd, nella pentola = nda th’ghedd

Ma se “nella” è seguita da un sostantivo che in dialetto inizia per vocale, diventa “nda con l’aggiunta della particella “d”

Es.: nell’aia = nda d’àrji, nell’acqua = nda d’àcqu

“nei”, negli” e “nelle” diventano “ndi”

Es.: nei negozi = ndi putej, negli ospedali = ndi sph’tal,

nelle lenzuola = ndi lh’nzul, nelle minestre =ndi mh’nestr

Ma se “nelle” è seguita da un sostantivo che in dialetto inizia per vocale, diventa “nda con l’aggiunta della particella “d”

Es.: nelle ossa = nda d’òss, nelle tegole = nda d’ìrmh’cj

“in” è molto simile a “nello” e “nella”, per cui normalmente diventa “ndu” e “nda”

Es.: in casa = nda cas, in bagno, ndu bagn

La particolarità di questa preposizione, è che spesso la troviamo contratta, oppure quasi muta (in questo caso la consonante del sostantivo che segue è rafforzativa, da considerarsi quasi una doppia), o ancora, molto raramente, può prendere le varianti “u” oppure “a”.

Esempi: in gola = n’gann, in testa = n’gap,

in mezzo, mmenz, in braccio = mm’brazz.

Addirittura a volte diventa “u”

Es.: in fondo = n’funn, oppure u funn” (variante altrettanto corretta).

E a volte diventa “a”

Es.: ai piedi del letto= n’ber u lett oppure a per u lett (variante altrettanto corretta).

Dunque sulla preposizione semplice “in” c’è ancora molto da approfondire.


venerdì 12 febbraio 2021

SOPRANNOMI ROTONDELLESI LE ORIGINI di Cosimo Stigliano Rotondella 2021 02 12

SOPRANNOMI ROTONDELLESI 
LE ORIGINI
di Cosimo Stigliano
Rotondella 12 02 2021

 



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I soprannomi hanno origine antichissima, spesso, i giudici e i notai, nei loro atti giuridico-amministrativi, erano obbligati a citarli, per evitare confusioni oppure omonimie.

 

Diverse sono le origini  dei soprannomi rotondellesi, che possono scaturire:

dagli antenati e quindi trasferiti alla discendenza familiare;

da situazioni o episodi di vita vissuta;

dai luoghi dove abitavano;

dai luoghi di provenienza;

dall’attività che svolgevano;

dalla costituzione fisica delle persone;

dal cibo che preferivano mangiare;

dal loro comportamento;

 dalla loro condizione sociale;

 

Di seguito porto alcuni esempi ipotizzando alcune origini.

 

Soprannomi che traggono origine dagli antenati e quindi trasferiti alla discendenza familiare

 

Inizio con i soprannomi che distinguono la mia famiglia.

 

I “BRRTÒL’CH” (Bertoldo)

La famiglia di mio padre Giambattista Stigliano, veniva individuata con il soprannome i “brrtòl’ch”
Mio padre veniva individuato come “mast Titt brrtòl’ch” , mast, come maestro in quanto, prima di aprire il negozio di generi alimentari, aveva fatto il fabbro con mio nonno Giovanni.
Questo soprannome proviene da Bertoldo antenato capostipite di quella famiglia Stigliano. Citato anche nel libro del Prof. Giovanni Montesano

 

“I LUCIAN”  (Luciano)


Con il soprannome “I LUCIAN” veniva individuata la famiglia Mauro (Maria, Michele, Rocco, Vincenzo)
La famiglia di mia madre Esterina Pastore, con i fratelli e le sorelle, pur avendo come cognome Pastore, venivano chiamati con il loro nome e l’aggiunta del soprannome “Lucian”, (Esterina a Lucian) essendo mia nonna Maria, appartenente alla famiglia Mauro, che veniva individuata come “I LUCIAN” da Luciano, capostipite della famiglia Mauro.
Molto probabilmente, la famiglia di mia madre, ha ereditato il soprannome “I LUCIAN” , in quanto mio nonno Pastore Antonio è venuto a mancare in giovane età e mia nonna Mauro Maria, ha dovuto accudire, da sola, ai suoi 6 figli.
Molti discendenti della famiglia Mauro, e Pastore, portano il nome di Lucio, Luciano o Luciana.

 

I RONNA NOR  (Donna Eleonora)

Con il soprannome “I RONNA NOR” veniva individuata la famiglia De Santis discendenti di Donna Eleonora.
La famiglia De Santis, gestiva una cantina che veniva chiamata “ a cantin r Ronna Nor” e anche un piccolo albergo, situato sopra la cantina.

 

I PAPAROCCH ( Papà Rocco)

Con il soprannome “I PAPAROCCH” veniva individuata la famiglia Laguardia, proviene dal nome del capostipite di nome Rocco. Molto conosciuto “Mast Rocch Paparocch”

 

 

 Soprannomi che traggono origine da situazioni familiari legati alla discendenza;

 
I SET MIS  (I sette mesi)
Con il soprannome “I SET’ MIS” molto probabilmente veniva individuata una famiglia dove l’evento del parto avveniva spontaneamente al settimo mese, anziché al nono, in più donne della stessa famiglia.
 

I SENZ FIGGHJ (I senza figli)

Con il soprannome “I SENZ FIGGH” molto probabilmente veniva individuata una famiglia dove
buona parte della discendenza, di quel ceppo,  non aveva figli

 

A CUNIGHJ (La coniglia)
Con il soprannome “A CUNIGHJ” veniva individuata una famiglia dove la donna era molto fertile (prolifica) e che tutti gli anni partoriva, forse anche con qualche parto gemellare.

 

I TACCHÉT’ (Tacco –tacchetto)
Con il soprannome “I TACCHÉT’ veniva individuata una famiglia dove buona parte della discendenza, di quel ceppo, aveva una statura media, non c’erano componenti di statura molto alta.
 

Soprannomi che traggono origine dal lavoro svolto

 

I SANA PORC (quelli che sanavano i maiali)
Con il soprannome “I SANA PORC” veniva individuata una famiglia dove da generazioni si dedicavano alla professione di castrini, quelli che castravano, sanavano i maiali.
 
I MUL’NAR ( i mugnai)
Con il soprannome “I MUL’NAR” veniva individuata una famiglia dove da generazioni si dedicavano alla professione di mugnai, come proprietari o come addetti al mulino.

 

I MMASTAR’ (Produttore di masti)
Con il soprannome “U MMASTAR” veniva individuata una famiglia dove il capostipite svolgeva l’attività di produzione di masti, selle per gli animali.

 

I JRMCIAR (Jrmci – tegole)
Con il soprannome “I JRMCIAR” veniva individuata una famiglia dedita alla produzione o alla sistemazione di tegole (jrmc) per i tetti delle casa.

 

I CECAFUNDÀN    (i chiudi fontana)
Con il soprannome “I CECAFUNDÀN ” veniva individuata una famiglia dove, probabilmente, qualcuno della famiglia svolgeva l’attività di chiudere le fontane. Della famiglia "Cecafuntan" faceva parte Gaetano Gorgoglione, uomo molto astuto e ingegnoso.
 
I MRRCAND (I mencanti) I cicciumrrcand
Con il soprannome “I MRRCAND” veniva individuata la famiglia Di Lorenzo in quanto il capostipite Francesco ( Cicc u mrrcant) mercanteggiava in stoffe e abbigliamento. Attività che fu continuata dai figli, Peppe nell’abbigliamento e Totonno come generi alimentari.


Soprannomi che traggono origine da situazioni o elementi di vita vissuta;


I FAVARUL’ 

Con il soprannome i “Favarul ” veniva individuata la famiglia La Guardia, famiglia benestante e proprietari terrieri. Molto probabilmente il soprannome “ ‘U signurinèllo favarul  è stato attribuito ad un giovane del casato, di bello aspetto e affabile, che si era “ fatte ziti ” con una ragazza di Favale (odierna Valsinni).                                                                       

Il capostipite La Guardia Giambattista è stato Podestà di Rotondella dal 26/11/1938 al 06/02/1939 e dal 01/03/1939 al 30/12/1943.
Ai figli di Pietro La Guardia 
fu attribuito il soprannome “I s’gnur’nell”  (I signorinelli).

BANGHÉR  (banco – banchetto)
Con il soprannome “I banghér  ” veniva individuata la famiglia Cuccarese
Sicuramente non proviene da banchiere. Molto probabilmente è stato attribuito questo soprannome, in quanto i componenti della famiglia Cuccarese erano personaggi allegri, spiritosi, pronti alle rime,  alle battute, molti di loro erano anche musicisti e quindi, ravvivavano e tenevano banco nell’animazione dei banchetti e nelle feste private. Quindi dalla fusione di “bannistr “ (suonatore nella banda)  “banchetto” e “tenere banco” è scaturito il soprannome di “BANGHÉR” Molto conosciuto era Rocc u banghér.

 

A MISSA CANTAT' (La messa cantata)
Per il soprannome “A MISSA CANTAT'”, formuliamo due ipotesi.
La prima ipotesi è che sia stato attribuito ad una persona che, pur non avendo le possibilità economiche, ha voluto, o desiderato, la messa cantata alla celebrazione del proprio matrimonio, cosa riservata solo alle famiglie benestanti.
La seconda ipotesi è che sia stato attribuito ad una persona che cantava alle celebrazioni delle messe.



CARRÙNG  ( Carro – Annuncio) 
Con il soprannome “I CARRÙNGE ” veniva individuata uno dei ceppi delle famiglie Stigliano e precisamente quella di Antonio.
Molto probabilmente il soprannome  “carrùng”  gli è stato attribuito in quanto, nei tempi passati, gli ambulanti arrivavano a Rotondella con i carri e, con essi, giravano all’interno del paese.
Per annunciare la loro presenza e il loro passaggio per quella strada o quartiere, chiedevano la collaborazione del banditore, “u jettabbàn”, che facevano salire sul carro e, mentre giravano, con l’ausilio della cornetta-trombetta, segnalava la presenza dell’ambulante e il luogo dove era fermo, con le sue rime, informava i cittadini dei prodotti in vendita.
Dal fatto che, l’annuncio, veniva fatto sul carro, dalla fusione delle due parole “il carro che annuncia” è scaturito il Soprannome  “Carrùng”

I CRONALONG - CORONA LUNGA (LONG)

Prima le donne cui piaceva farsi crescere i capelli, siccome non era abitudine portare i capelli lunghi, sciolti, ne facevano una treccia che poi veniva arrotolata sulla testa a forma di corona.

Questa corona aveva una duplice funzione:

per alcune donne, la corona di capelli era un fattore estetico e veniva arrotolata dietro la nuca;

per le donne dedite ai lavori in campagna, o ai lavori domestici, la corona veniva arrotolata sulla parte superiore della testa e serviva anche come cuscino, al posto della corona di stoffa arrotolata, quando si trasportavano ceste, sacchi, legna o recipienti poggiati sulla testa.

Quindi, molto probabilmente, le donne della famiglia, che ha ereditato questo soprannome, avevano corone più lunghe rispetto ad altre donne.

Soprannomi che traggono origine dal luogo di provenienza

Nella maggior parte dei casi il soprannome era al femminile, in quanto, le donne di altri paesi, sposavano i rotondellesi e, dopo il matrimonio, si stabilivano a Rotondella.

 A FAVALE'S (Favalese - proveniente da Favale – Valsinni)

A SANGIURGE'S ( Sangiorgese - proveniente da San Giorgio)

A P'ST'ZZE'S (Pisticcese –proveniente da Pisticci)

A RIULE'S (Oriolese – proveniente da Oriolo)

A RUCCHTA'N (Roccotana –Rocchese – proveniente da Rocca Imperiale)

A CANNTA'N (Cannetana – Cannese – proveniente da Canna)